Condominio

Danni per infiltrazioni da impianti comuni, la prova del mancato incasso da affitto è a carico del condòmino

di Donato Palombella

Grava sul danneggiato l'onere di fornire la prova dei danni derivanti dalle infiltrazioni causate dal condomìnio specie nel caso in cui il risarcimento riguardi il mancato guadagno derivante dalla impossibilità di procedere alla locazione degli immobili. Così ha chiarito la Cassazione con la sentenza 21545/2015.
Il proprietario di due appartamenti cita il condomìnio chiedendo il risarcimento dei danni provocati da infiltrazioni d'acqua verificatesi a seguito di lavori di manutenzione. Il Tribunale accoglie la domanda quantificando i danni in € 20.000,00 oltre interessi. La Corte di appello “lima” il risarcimento condannando il condomìnio al pagamento di “soli” € 19.800,00, ivi inclusa la rivalutazione del danno e compensando le spese del giudizio di appello. Il condòmino non si da per vinto ed impugna la sentenza in Cassazione lamentando il mancato risarcimento dei danni derivanti dall'impossibilità di utilizzare gli appartamenti danneggiati e di darli in locazione a terzi.
Secondo il ricorrente, l'appartamento al terzo piano era totalmente inagibile per la gravità delle lamentate infiltrazioni d'acqua che avevano determinato l'inagibilità dell'immobile. Secondo il condomìnio, viceversa, l'inagibilità era stata determinata dai danni causati dal sisma del 1980.
La sesta sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21545 del 22 ottobre 2015 ha respinto il ricorso “bacchettando” il condòmino. Quest'ultimo avrebbe depositato la documentazione relativa alle locazioni degli appartamenti in ritardo, quando i termini erano ormai scaduti. Piazza Cavour sottolinea che il danneggiato deve «fornire la prova rigorosa e concreta del venir meno degli introiti locativi da una certa data ad un'altra per fatti eziologicamente connessi all'illecito civile del Condominio, prova che il danneggiato non ha fornito in via documentale e non ha fornito per via orale, avendo rinunciato alle prove orali attinenti»”. Il condòmino avrebbe potuto esigere un supplemento di indagine al CTU chiedendo che venisse accertato il valore locativo degli appartamenti ma non si è avvalso neanche di questa possibilità. Occorre mettere sul piatto della bilancia un ulteriore elemento: il fabbricato era stato danneggiato dal sisma del 1980 per cui non era dato sapere quali fossero state le reali condizioni degli immobili, a prescindere dalle lamentate infiltrazioni.

a delibera di installazione dell’ascensore è Illegittima se lesiva del decoro architettonico e/o del diritto di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva.
Nella sentenza del Tribunale di Milano, Sez. XIII, n. 8957, pubblicata in data 7 luglio 2014, così veniva motivato il provvedimento con cui veniva dichiarata la nullità, inefficacia ed invalidità di un assemblea condominiale, avente ad oggetto l'installazione dell'impianto ascensore nel Condominio.
“Orbene è innegabile, date per non contestate le dimensioni di ingombro dell'ascensore, che questo vada a ledere il decoro architettonico dello stabile e che quindi determini la lesione dei diritti dei singoli sia sulle parti comuni dell'edificio, sia sulle porzioni di proprietà esclusiva.
Del resto la stessa L. 9 gennaio 1989, n. 13, nell'autorizzare le opere volte al superamento delle barriere architettoniche all'art. 2, fa salvo quanto disposto dall'art. 1120, secondo comma, e 1121, secondo e terzo comma, del c.c. e quindi fa salvo il divieto di opere che vadano ad alterare l'edificio sotto il profilo estetico e che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Secondo la giurisprudenza di merito infatti nelle opere che alterano il decoro architettonico è insito il danno economico che ai singoli condomini dissenzienti deriverebbe”.
La Sentenza del Tribunale di Milano è conforme ad un principio univoco nella giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. 610/1994; Cass. Civ. 12847/2007; Cass. Civ. 12930/2012, Cass. Civ. 24760/2013).
Con la conseguenza inoltre che tale causa di invalidità non è soggetta ai termini di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c., ma può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse (cfr. Cass. 19-3-2010 n. 6714, Cass. 24-5-2004 n. 9981; Cass. 18-4-2002 n. 5626).

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