Condominio

Legittima la gestione del condominio per società ed avvocati

di Donato Palombella

La riforma del condominio, con l'articolo 71-bis delle Disposizioni di attuazione al codice civile, ha aperto le porte della gestione condominiale alle società, a cui potrà essere affidato l'incarico di amministratore di condominio. Il Legislatore della riforma ha fatto proprio un orientamento giurisprudenziale che aveva ammesso che le società di capitali e le società di persone potessero gestire il condominio. Le nuove opportunità di fatturato hanno attirato l'attenzione anche di categorie professionali, come gli avvocati, che hanno voluto ribadire la possibilità di assumere la gestione del condominio.
Il parere della giurisprudenza
In passato, la giurisprudenza si era spesso interrogata sulla possibilità che il mandato per la gestione del condominio potesse essere affidato ad una società ma, trovare una soluzione, non era impresa facile in quanto la normativa non prevedeva questa ipotesi ma, d'altro canto, non la escludeva. Per decenni la giurisprudenza aveva considerato la qualifica di amministratore di condominio indissolubilmente legata ad una persona fisica escludendo che l'incarico potesse essere affidato a società commerciali «sia perché il rapporto di mandato è essenzialmente caratterizzato dalla fiducia sia perché le norme del codice civile sull'amministrazione dei condomini presuppongono che l'amministratore sia una persona fisica, e in tal senso ne disciplinano il controllo giudiziario dei relativi atti» (Cassazione, sez. II civ., 9 giugno 1994, n. 5608).
Il divieto trovava il proprio fondamento su un duplice ostacolo: da un lato, la difficoltà di configurare la legittimità del mandato fiduciario nei confronti di una società - dall'altro - nell'asserita difficoltà di configurare una responsabilità della società per gli atti di gestione del condominio. La giurisprudenza, peraltro, ammetteva che l'amministrazione del condominio potesse essere affidata ad una pluralità di amministratori (Cassazione, Sez. II civ., 24 dicembre 1994, n. 11155) e, per questa via, giungeva ad ipotizzare che il mandato potesse essere conferito anche ad una società di fatto ritenendo però vietato l'inserimento, nella compagine sociale, di nuovi soci venendo a mancare, in questo caso, il necessario rapporto di fiducia. Il Tribunale di Genova, con ordinanza dell'11 luglio 2001, aveva aggirato l'ostacolo ritenendo legittima la delibera di nomina ad amministratore di una società di capitali, con contestuale indicazione della persona fisica che la rappresentava, considerando che, alla fine dei conti, l'incarico era stato conferito proprio alla persona fisica.
Le norme sul mandato
Il rapporto intercorrente tra il condominio e l'amministratore dei beni comuni è disciplinato dall'articolo 1703 codice civile in materia di mandato. Si tratta di un contratto con cui una parte (il mandatario, ovvero, l'amministratore di condominio) assume l'obbligo di compiere una serie di attività nell'interesse del mandante (che, nel nostro caso, è il condominio). Il mandato presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario personale tra mandante e mandatario in virtù del quale il primo affida la gestione dei propri interessi al secondo. L'esistenza di questo rapporto di fiducia personale tra mandante e mandatario, secondo una giurisprudenza ormai datata, avrebbe portato ad escludere che il condominio potesse essere gestito da una società che, per sua natura, è spersonalizzata. In parole povere, io affido il mandato ad una persona fisica di cui mi fido, ma non ad una società, i cui soci ed amministratori potrebbero cambiare da un momento ad un altro senza che io possa esercitare alcun controllo su tale mutamento.
La giurisprudenza cambia rotta
Con la sentenza del 22 luglio 1999, n. 7888 la Corte di Cassazione riconosce che «il mandato, pur caratterizzato dall'elemento della fiducia, non è tuttavia necessariamente basato sull'intuitus personae [ovvero, sul rapporto fiduciario], onde il mandatario può avvalersi dell'opera di un sostituto ...; ne consegue che l'amministratore di un condominio, da qualificarsi come mandatario, ben può, in difetto di contraria manifestazione nell'atto di nomina, delegare le proprie funzioni ad un terzo». In questo modo, il rapporto fiduciario finisce in secondo piano in quanto si riconosce all'amministratore il potere di ricorrere all'ausilio di un terzo.
Un deciso cambio di rotta è stato segnato dalla seconda sezione civile della Cassazione che, con la sentenza del 24 ottobre 2006, n. 22840, ha stabilito che «anche una persona giuridica può essere nominata amministratore del condominio negli edifici, posto che il rapporto di mandato istituito nei confronti delle persone suddette, quanto all'adempimento delle obbligazioni ed alla relativa imputazione della responsabilità, può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità, che contrassegnano il mandato conferito ad una persona fisica». Successivamente, la Cassazione ha ritenuto che l'incarico di amministratore potesse essere conferito anche ad una società di capitali tenuto conto che la persona giuridica non soffre di limitazioni di capacità, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge, e che essa è comunque in grado di offrire, quanto all'adempimento della relativa obbligazione ed all'imputazione della conseguente responsabilità, un grado di affidabilità pari a quello della persona fisica (Cassazione, Sez. II civ., 23 gennaio 2007, n. 1406).
La riforma del condominio
Il Legislatore, in occasione della riforma, ha fatto proprio l'orientamento della giurisprudenza legittimando le società quali enti specializzati nella gestione del condominio. Con la Legge n.220/2012 la figura dell'amministratore di condominio si specializza, l'amministratore viene chiamato ad applicare norme interdisciplinari di natura tecnica, amministrativa, fiscale e giuridica di non facile interpretazione che coinvolgono gestione degli impianti, sicurezza, edilizia, urbanistica, ecc., problemi, questi, che, a ben guardare, possono essere meglio affrontati da una società piuttosto che da una persona fisica.
Via libera a società di persone e di capitali
L'amministrazione del condominio, quindi, può essere affidata ad una società ma... di che tipo? Il comma 3, dell'articolo 71-bis delle Disposizioni contiene un preciso riferimento alle «società di cui al titolo V del libro V del codice.». Rientrano in tale contesto tutte le società di persone (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice) e le società di capitali (società a responsabilità limitata, società a responsabilità limitata semplificata, società per azioni, società in accomandita per azioni). Attenzione! La norma contiene un esplicito riferimento al titolo V del libro V del codice civile per cui il ruolo di amministratore potrà essere ricoperto solo da una società e non da una associazione o fondazione, disciplinate dal libro I, capo II, del codice civile e men che meno da un comitato, anch'esso disciplinato dal libro I, capo III.
Requisiti professionali sempre necessari
La circostanza che il condominio possa essere gestito da una società non permette di “aggirare” i requisiti professionali. Il detto articolo 71-bis prevede che tali requisiti debbano «essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.». Occorre sottolineare che la norma, quanto ai requisiti professionali, equipara ai soci illimitatamente responsabili e agli amministratori, i dipendenti che dovranno possedere i medesimi requisiti in quanto la congiunzione “e” non permette altra interpretazione.
Legittimo il passaggio da persona fisica a società?
Abbiamo visto che l'ingresso delle società nel mondo del condominio, è un elemento alquanto recente, in passato gli incarichi venivano detenuti esclusivamente dalle persone fisiche. Potrebbe accadere, peraltro, che qualche amministratore si lasci affascinare dalla novità e voglia costituire una società per la gestione dei condomìni già amministrati “travasando” automaticamente gli incarichi personali all'interno della società. A questo punto, ci si chiede, il condominio gestito dalla persona fisica può essere gestito, automaticamente, dalla società? Quali formalità occorre rispettare?
Persona fisica e società sono distinti
Occorre tener presente che società e persona fisica, sono due enti distinti e separati, tra loro non c'è confusione ma una netta separazione. Ne deriva che l'amministratore (persona fisica) che ha ottenuto dall'assemblea il mandato per la gestione del condominio, non può “trasferire” tale incarico in favore della società ma sarà necessario passare dall'assemblea ed ottenere una nuova nomina. L'occasione più propizia potrebbe essere rappresentata dal rinnovo della carica che, come sappiamo, dovrebbe essere annuale. L'amministratore persona fisica, quindi, dovrebbe convocare l'assemblea, rassegnare le proprie dimissioni e, nell'occasione, presentare, come società, un nuovo preventivo all'assemblea che potrà scegliere liberamente a chi affidare l'incarico. In assenza di una apposita delibera assembleare, l'esercizio della funzione di amministratore condominiale da parte della società risulta illegittima.
Maggiori rischi per i condòmini
I condòmini possono opporsi al passaggio tra persona fisica e società? Il quesito ha certamente una risposta affermativa in quanto i rischi per i condòmini sono diversi, specie quando l'incarico venga affidato ad una società di capitali. Il problema maggiore, ovviamente, è quello della responsabilità. Le persone fisiche rispondono in proprio, con tutto il proprio patrimonio, dei danni derivanti dall'espletamento dell'attività mentre la responsabilità delle società di capitali è limitata al capitale sociale. Nel caso in cui l'amministrazione venga affidata ad una società a responsabilità limitata semplificata, il problema può diventare esplosivo in quanto, in questo caso, il capitale sociale può essere anche di pochi euro per cui il condominio rimarrebbe privo di ogni garanzia. In altre parole, nel caso in cui l'amministratore-società crei un danno al condominio, quest'ultimo non riuscirà a rivalersi sulla persona fisica ma, dovendo agire esclusivamente sulla società, il cui capitale sociale è pressoché inesistente, rimarrebbe con un pugno di mosche in mano.
Vietato il cambio di denominazione
Imporre il passaggio dalla persona fisica alla società con un semplice cambio di denominazione e ragione sociale non è né legittimo né fiscalmente corretto. Se l'assemblea nomina Mario Rossi e quest'ultimo crea una società, i due soggetti (la persona fisica inizialmente nominata e la società) sono diversi, hanno codici fiscali e partita iva differenti per cui, come dicevamo pocanzi, la nomina dell'assemblea è necessaria e non solo ai fini civilistici. Non bisogna dimenticare, infatti, che presso l'Agenzia delle Entrate la denuncia del cambio di amministratore non può essere registrata in assenza del verbale assembleare che riporti la relativa delibera di nomina del nuovo amministratore (società) e, in mancanza di tale delibera, sia l'amministratore persona fisica (uscente) che la società (subentrante) compiono delle irregolarità.
Il nostro sig. Mario Rossi, quindi, dovrà mantenere aperte le due posizioni (come persona fisica e come società) fino a quando tutti i condomini da lui amministratati non avranno deliberato di revocare l'incarico alla persona fisica e di affidare il nuovo incarico alla società.
Le conseguenze fiscali non sono di poco conto in quanto non si tratta di mere irregolarità materiali; il reddito della persona fisica che svolge “esercizio abituale di attività di lavoro autonomo”, è assoggetta a tassazione mentre, nel caso in cui tale attività venga esercitata sotto forma di impresa, il reddito scaturente sarà quello d'impresa. La tassazione IRPEF, pertanto, varierà a seconda che il reddito prodotto sia reddito da lavoro autonomo, reddito di impresa oppure rientri nella categoria dei redditi diversi.
Anche gli avvocati possono gestire il condominio
La riforma del condominio, introducendo una figura professionale di amministratore, ha creato nuove opportunità di lavoro e di fatturato. Ci si è interrogati in merito alla compatibilità dell'esercizio della professione forense con l'attività di amministratore di condominio. Il problema nasce in quanto la Legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense» (entrata in vigore il 2 febbraio 2013 pochi mesi prima della legge di riforma del condominio, in vigore dal 18 giugno 2013) nel fissare i caratteri della professione prevede (articolo 2) che l'avvocato «è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza, svolge …. l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali». Rientrerebbero, quindi, nelle competenze professionali degli avvocati «l'attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato».
La legge professionale prevede anche delle incompatibilità (art. 18) per cui «La professione di avocato è incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente;
b) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale;
c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione;
d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato».
Il parere del Consiglio Nazionale Forense
In un primo tempo l'Ufficio Studi del C.N.F. (F.A.Q. n. 32) aveva escluso che un avvocato potesse esercitare l'attività di amministrazione di condominio, in quanto attività di lavoro autonomo a carattere continuativo o professionale e, come tale, incompatibile con lo svolgimento della professione di Avvocato.
Successivamente il C.N.F., rispondendo ad un quesito proposto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, ha mutato orientamento. Il cambio di rotta si deve ad un Parere della Commissione consultiva, reso nella Seduta del 20 febbraio 2013 (relatore Prof. Avv. Ubaldo Perfetti) che ha riconosciuto all'Avvocato la possibilità di esercitare l'attività di amministratore di condominio. Partendo dal presupposto che l'amministratore di condominio è un mandatario con rappresentanza, che non agisce in proprio e non svolge attività commerciale, si giunge a ritenere ammissibile l'esercizio di tale attività per gli avvocati. Nell'occasione il C.N.F. sottolinea che «sul piano della disciplina fiscale e previdenziale .... il relativo reddito deve considerarsi a tutti gli effetti di natura professionale e quindi, tra l'altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza forense».
Il C.N.F., in questo modo, oltre ad assicurare il fatturato ai propri iscritti, apre la strada ad un concetto di “avvocato” più moderno ed europeo, a cui viene riconosciuto il diritto di svolgere, in concorrenza con altre professionalità, attività che rientrano nell'area tipica di altre professioni, anche non regolamentate e/o non costituite in ordini o collegi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©