Condominio

Appropriazione indebita, il danno dell'amministratore non va parcellizzato per il numero dei condòmini

di Francesco Machina Grifeo

Non c'è rischio di essere smentiti. L'amministratore che sposti sul proprio conto personale (e su quello della moglie) denaro di spettanza dei condomini lo fa con «dolo» e commette dunque il reato di «appropriazione indebita». Né può contestare l'«aggravante» per il «danno ingente» sostenendo che esso va parcellizzato per il numero dei condomini e non valutato nella sua interezza. Sulla base di questi principi la Corte di cassazione, sentenza 37666/2015, ha respinto perché manifestamente infondato il ricorso di un professionista.
La vicenda - L'amministratore, che gestiva diversi immobili, era stato infatti condannato dalla Corte di appello di Bologna ad un anno e quattro mesi di reclusione ed 800 euro di multa, con sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale a favore delle parti civili. Nel ricorso in Cassazione, il professionista aveva invece sostenuto che la sua condotta, in assenza di una prova del dolo, avrebbe dovuto essere inquadrata come semplice mala gestio. E che il trasferimento di soldi sui propri conti correnti si inseriva in una sorta di partita di giro avendo egli utilizzato quegli stessi depositi anche per saldare alcuni debiti del condominio. Infine, l'aggravante era «irragionevole» dal momento che il danno non superava i 400-500 euro per singolo condomino.
La motivazione - Una ricostruzione bocciata dalla Suprema corte secondo cui vi sono delle condotte «la cui potenzialità dimostrativa» travalica la «consumazione del fatto sotto il profilo oggettivo» per abbracciare anche la «dimensione soggettiva del reato». In altre parole, nell'atto di spostare denaro di terzi sul proprio conto l'elemento soggettivo del dolo «è connotato da una tale evidenza da essere incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative». In questi casi, dunque, la motivazione può limitarsi alla rilevazione della inconciliabilità delle condotte contestate «con ipotesi alternative lecite».
Per i giudici di Piazza Cavour, però, anche il secondo motivo, vale a dire la contestazione dell'aggravante, non ha pregio in quanto, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, «il danno deve esser valutato nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla “quota-danno” incidente sui singoli condomini». Non giova alla tesi del ricorrente neppure il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono appunto rappresentati dall'amministratore, in quanto, precisa la Cassazione, ciò «non comporta la parcellizzazione invocata dalla difesa, essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell'ente-condominio».

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