Condominio

Le canne fumarie non devono rovinare la facciata

di Antonio Scarpa

Dodici anni orsono due condomini avevano convenuto davanti al Tribunale di Bologna un'altra condomina, chiedendone la condanna alla rimozione di una canna fumaria di dimensioni non trascurabili, inglobata in una struttura prefabbricata e apposta sulla facciata dell'edificio condominiale, oggetto di vincolo per il suo interesse storico-artistico, seppur bisognoso di manutenzione.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 17072 del 24 agosto 2015, nel confermare la decisione resa al riguardo dalla Corte d'appello di Bologna, ravvisava in tale manufatto una lesione possessoria della pregevole parete esterna del fabbricato, pregiudicandone l'estetica e diminuendo la luminosità delle unità immobiliari collocate al disotto della stessa canna fumaria, proprio come lamentato dagli istanti.
La Cassazione ha avuto modo di ribadire il proprio insegnamento secondo cui, quanto al possesso che i singoli condomini esercitano congiuntamente sulle parti comuni dell'edificio (elencate nell'art. 1117 codice civile), occorre distinguere tra cose o impianti che sono ‹‹oggettivamente›› utili ai singoli appartamenti, essendovi collegati materialmente o per destinazione funzionale (si pensi al suolo, alle fondazioni, alla facciata, ai tetti, ai lastrici solari), e cose o impianti utili, piuttosto, ‹s‹oggettivamente››, in quanto l'utilità che questi forniscono alle unità immobiliari dipende dall'attività dei rispettivi proprietari di esse (secondo quanto avviene, ad esempio, per le scale, i portoni, gli anditi, gli ascensori, gli impianti centralizzati per l'acqua o per l'aria). Ciò perché nel primo caso l'esercizio del possesso, tutelabile con le azioni di spoglio o di manutenzione, consiste nel beneficio che la singola proprietà esclusiva ricava direttamente dal bene comune, mentre nel secondo caso ha rilevanza l'attività espletata da parte del proprietario.
Così, per le cose condominiali ‹‹oggettivamente›› utili, qual è, appunto, la facciata del fabbricato, laddove uno dei condomini, senza il consenso degli altri ed in loro danno, abbia alterato lo stato di fatto, impedendo o restringendo il godimento spettante a ciascun partecipante compossessore, sono esperibili da parte degli altri condomini le azioni possessorie per conseguire il ripristino dello stato dei luoghi, in modo da ristabilire la precedente utilità del bene.
Il condomino autore della modificazione della parte comune non potrebbe difendersi in sede possessoria neppure allegando davanti al giudice il suo titolo di comproprietà, attribuitogli dall'art. 1117 codice civile, essendo l'oggetto di tale giudizio limitato alla comparazione tra l'attività materiale denunciata e la relazione di fatto, attuale o potenziale, che lega quel bene agli altri partecipanti (si veda già, sempre con riguardo ad un'azione di spoglio relativa ad una canna fumaria messa in opera sull'esterno della facciata di un fabbricato, Cass. n. 8231 del 1987).
Va detto, peraltro, che nella vicenda dapprima devoluta all'esame dei giudici bolognesi, gli istanti avessero domandato tutela non soltanto con riguardo al compossesso della facciata condominiale, ma pure in riferimento al possesso del singolo appartamento, lamentando il disturbo arrecato dalla canna fumaria al loro godimento di veduta, sicché l'indagine sulla legittimità del fatto denunciato, nei limiti in cui sia consentita nel giudizio possessorio, andava condotta alla luce sia dell'art. 1102 codice civile (uso della cosa comune) che dell'art. 907 codice civile (distanza delle costruzioni dalle vedute).
La Cassazione (sentenza n. 10350 del 2011) aveva, a sua volta, giudicata lesiva del decoro architettonico dell'edificio condominiale, a prescindere dal suo particolare pregio estetico, l'installazione di una canna fumaria che ne percorreva tutta la facciata, così da pregiudicarne l'aspetto e l'armonia. Come anche Cass. n. 18350 del 2013 aveva affermato che la sostituzione della canna fumaria pertinente ad un appartamento di proprietà esclusiva, sebbene non rechi danno alla facciata dell'edificio - già utilizzata per l'appoggio del preesistente impianto -, non deve in ogni caso alterare il decoro architettonico del fabbricato.
Si consideri, da ultimo, che pure l'amministratore è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea, a promuovere l'azione di spoglio avverso la sottrazione, ad opera di taluno dei condomini, di una parte comune dell'edificio al compossesso di tutti i condomini, in quanto azione diretta a conservare i beni condominiali e perciò rientrante tra le attribuzioni dell'amministratore ai sensi dell'art. 1130, n. 4, codice civile.

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