Condominio

La rinuncia alla comproprietà del sottotetto richiede sempre un atto formale

di Giuseppe Bordolli

La volontà di un condomino di rinunciare al diritto di comproprietà del sottotetto condominiale non può mai dipendere dal mancato utilizzo, anche per molti anni, di questo spazio comune, ma richiede, per essere valida, un formale atto di rinuncia messo per iscritto.
È quanto ha affermato la Cassazione nella sentenza n.12959 del 23 giugno 2015.
La vicenda iniziava quando i proprietari dell'ultimo piano di un caseggiato decidevano di occupare il locale sottotetto condominiale, realizzando anche le necessarie opere di trasformazione per utilizzarlo in modo esclusivo come pertinenza dell'appartamento.
Dopo aver tollerato l'abuso per molti anni (14 anni), una condomina decideva di citare i condomini dell'ultimo piano davanti al tribunale, per sentirli condannare alla cessazione dell'occupazione abusiva ed al ripristino dell'originaria consistenza del predetto spazio comune.
I convenuti si difendevano sostenendo che il sottotetto costituiva una semplice protezione dal caldo e freddo del loro appartamento e costituiva, pertanto, una pertinenza dello stesso.
Il Tribunale respingeva le richieste della condomina ma la Corte D'Appello, in totale riforma della decisione di primo grado, dava torto ai proprietari dell'ultimo piano.
Nel merito i giudici di secondo grado rilevavano che il sottotetto doveva ritenersi condominiale perché per le sue caratteristiche era destinato all'uso comune e non aveva l'esclusiva funzione di isolare l'appartamento sottostante.
Il sottotetto, infatti, era costituito da un vano con un'altezza, nella parte centrale, in corrispondenza del colmo del tetto, di circa tre metri, per cui era da escludere che potesse assolvere alla sola funzione di camera d'aria, destinata ad isolare e proteggere le unità abitative sottostanti.
Del resto che detto locale fosse condominiale risultava dall'esistenza di autonomo ingresso dalle scale comuni e dalla presenza di una centralina di amplificazione dell'antenna tv.
I condomini dell'ultimo piano ricorrevano allora in cassazione, rilevando, tra l'altro, che la condomina era a conoscenza della loro intenzione di modificare il sottotetto per utilizzarlo in modo esclusivo.
Questo ragionamento però non è stato condiviso dalla Suprema Corte che ha ricordato come il comportamento del condomino, che per un lasso di tempo anche considerevole (14 anni) si disinteressi di un bene comune, tollerando che un altro partecipante al condominio lo modifichi anche in maniera rilevante e poi lo utilizzi in via esclusiva, non costituisce valida rinuncia al diritto di comproprietà sulla parte comune, né compromette la possibilità in qualunque momento di chiedere il ripristino dei luoghi.
In particolare la volontà di rinunciare ad ogni diritto sul sottotetto comune deve risultare espressamente solo da un atto scritto.
È sempre possibile, però, la perdita dello stesso diritto per l'eventuale acquisto per usucapione da parti di altri partecipanti al condominio.
In altre parole, solo l'intervenuta usucapione da parte dei proprietari dell'appartamento all'ultimo piano avrebbe potuto impedire alla condomina di agire per la rimessione in pristino.
Nel caso di specie, però, non si era ancora verificato il decorso del termine ventennale e non risultava un'inequivocabile volontà di possedere il bene in via esclusiva, impedendo ai comproprietari ogni potenziale atto di godimento o di gestione.

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