Condominio

L’amministratore che non dà i nomi dei morosi rischia di pagare il debito

di Paolo Gatto

L’amministratore che non fornisce i nomi dei morosi al creditore rischia una condanna in proprio a risarcire tutto il debito. Uno dei primi casi è stato affrontato dal Giudice di pace di Genova, che ha dato torto all’amministratore chiamato in causa da un fornitore.
L'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile rappresenta una novità in termini di procedura per il recupero delle obbligazioni a favore di terzi nei confronti del condominio contemplando l'onere, a carico del creditore, di escussione preventiva dei condomini morosi.
La novità prevista dalla legge lascia parecchi dubbi interpretativi; ad esempio vi è stata una copiosa giurisprudenza di merito in relazione alla possibilità di pignoramento del conto corrente condominiale (che presuppone l'espropriazione di fondi dei condomini non morosi) e sussiste il dubbio in relazione alla solidarietà, tra di loro, dei condomini morosi nei confronti del terzo creditore e, all'esito dell'insolvenza, della solidarietà tra i condomini non morosi successivamente escussi.
Vi è, inoltre, un'altra questione da rilevare e riguarda l'interpello dell'amministratore; l'amministratore, infatti, è tenuto a fornire al creditore, a sua richiesta, i nominativi dei condomini morosi onde permettere la loro escussione preventiva.
Appare subito chiaro che la nuova norma introduce un modello ben definito ove l'amministratore, in presenza dell'obbligazione, diligentemente la pone al vaglio dell'assemblea che la approva e, di conseguenza, esegue la delibera acquisendo i fondi necessari per pagare il creditore e, solo in presenza di morosi, l'amministratore potrà fornirne i nominativi al creditore insoddisfatto.
Nella pratica, peraltro, la fattispecie non si presenta così nitida; intanto l'amministratore, a seguito della notifica del precetto da parte del terzo creditore, può rimanere inerte o, in caso di tempestiva convocazione dell'assemblea da parte dell'amministratore indetta al fine di reperire i fondi, i condomini stessi possono non approvare la spesa per evitare che si verifichi la condizione, a loro sfavorevole, di dover intervenire, ancorché in seconda battuta, in luogo dei morosi.
La prima ipotesi, relativa all'inerzia dell'amministatore, è già stata oggetto di decisione.
Il Giudice di Pace di Genova (1917/15)
ha condannato l'amministratore personalmente al risarcimento del terzo creditore per l'importo dell'intero credito azionato nei confronti del condominio, in quanto avesse violato le regole di buona fede e correttezza, omettendo i necessari adempimenti e restando inadempiente alla obbligazione nei confronti del creditore, che può conseguire il dovuto solo a seguito della diligente attività dell'amministratore; nella specie, non solo l'amministratore non aveva risposto all'interpello ma non aveva, nonostante l'ordine del giudice, esibito la documentazione condominiale a dimostrazione della sua diligente attività di ripartizione e richiesta della somma ai condomini.
Trattandosi di decisione del Giudice di Pace il provvedimento è sintetico, e non si sofferma sugli istituti giuridici posti a il fondamento dell'obbligazione imposta all'amministratore nei confronti del terzo, se si tratti cioè di obbligazione di natura contrattuale da “contatto sociale”, ovvero di obbligazione ex lege, di natura extracontrattuale, fondata sull'art. 2 della Costituzione, che impone obblighi di buona fede e solidarietà sociale o si fondi ancora su altri e diversi principi.
Sta di fatto che la professionalità che la nuova legge pare richiedere all'amministratore non passa solo attraverso le nuove e, molte volte, inutili piccole incombenze, quale l'anagrafe condominiale o il registro degli amministratori, ma contempla un'effettiva nuova immagine, più moderna e responsabile e mondata di tutti quei luoghi comuni negativi che ne hanno, negli ultimi anni, caratterizzato la figura.

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