Condominio

Il sottotetto è comune se è destinato oggettivamente all’uso collettivo

di Luana Tagliolini

Il sottotetto può ritenersi comune in base all’articolo 1117 n. 2 del Codice civile (come riformato dalla legge 220/2012), se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune.
Diversamente la natura del sottotetto di un edificio è determinata dal titolo.
La Cassazione di recente ha applicato tale principio negando il riconoscimento della proprietà esclusiva di un corridoio, a favore della società, che riteneva di aver acquistato insieme a tutte le cantine ubicate nel piano sottotetto dell'edificio in condominio (sentenza 12157 dell’11 giugno 2015) .
Dopo aver proceduto alla loro ristrutturazione, la società aveva inglobato, nella sua proprietà esclusiva, il corridoio che serviva in origine di accesso alle cantine, senza fare, però, i conti con l'unica condomina che era rimasta proprietaria di una cantina, la quale agiva in giudizio per rivendicare il suo diritto al ripristino dello stato dei luoghi perché era stata privata dell'uso del corridoio.
Nel corso di causa era stato accertato che, in origine, le cantine presenti nel sottotetto appartenevano a due soggetti diversi, uno dei quali era il proprietario del palazzo.
“Il fatto che almeno due condomini potessero avere accesso al corridoio del piano sottotetto implica l'esistenza della condizione necessaria e sufficiente per presumere la proprietà condominiale” (sent. n. 12157cit.)
Come più volte ribadito dai supremi giudici, infatti, il condominio sorge nel momento in cui l'originario proprietario di un immobile effettua la prima vendita, e tutti quei beni o quelle parti, per i quali vige la presunzione legale di comunione pro indiviso, sono da considerarsi comuni se per ubicazione, struttura o funzione, sono destinati all'uso comune.
Per gli stessi giudici, la presenza di un corridoio di accesso al sottotetto suddiviso in più locali distinti, “presuppone infatti un uso che serva alla collettività, funzionale a due o più numerose proprietà singole, che nella specie sussistevano all'atto della costituzione del condominio e comunque prima dell'acquisto” .
La società non aveva fornito, in giudizio, alcuna prova dell'esistenza di un valido titolo di acquisto atto a dimostrare la proprietà esclusiva del corridoio.
In assenza di tale prova, come detto, il bene si presume di natura comune ex art. 1117 c.c.
Nell'accogliere il ricorso, pertanto, la Corte condannava la società a ripristinare il passaggio a favore del condominio, a prescindere da un suo utilizzo attuale o concreto.

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