Gestione Affitti

Il locatore invia il rendiconto spese solo se l’inquilino lo chiede entro 2 mesi

Altrimenti scatta automaticamente la morosità

di Michele Zuppardi

Il pagamento degli oneri accessori relativi al contratto di locazione, richiesto dal locatore al conduttore in base all’articolo 9 della legge 392/78, non comporta automaticamente l’obbligo del proprietario di specificare all’inquilino le voci di spesa.

È facoltà di quest’ultimo, semmai, esercitare il diritto di richiedere la precisa indicazione delle stesse, unitamente ai documenti di ripartizione e di prendere visione dei relativi titoli giustificativi.

Così, con la sentenza 29193/21 depositata ieri 21 ottobre dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione , si chiarisce che «non essendovi, in mancanza di tale istanza del conduttore, alcun onere di comunicazione del locatore, il conduttore, decorsi i due mesi dalla richiesta di pagamento degli oneri condominiali, deve ritenersi automaticamente in mora, alla stregua del principio dies interpellat pro homine, e non può, quindi, sospendere, ridurre, ritardare o contestare il pagamento degli oneri accessori, adducendo che la richiesta del locatore non era accompagnata dall’indicazione delle spese e dei criteri di ripartizione».

La lite sulla morosità

La questione prende le mosse dall’avvenuta condanna della società conduttrice di un immobile alla corresponsione di spese per riscaldamento, acqua, luce, gas e pulizia scale, oltre a spese e competenze di lite, resa dal Tribunale di Verona in riforma dell’impugnata sentenza del locale Giudice di Pace.

Quest’ultimo – precedentemente - aveva inopinatamente rigettato la domanda di pagamento del locatore ritenendola inaccoglibile «per indeterminatezza del credito azionato».

La società conduttrice, giunta così dinanzi alla Suprema corte, si è vista respingere il ricorso per aver «sovrapposto e confuso» due piani: «il contenuto dell’onere probatorio gravante sul locatore che esige il pagamento degli oneri accessori che, per giurisprudenza pacifica, non può dirsi soddisfatto con la mera richiesta di cui all’art. 9 della legge n. 392/1978», e «lo spazio temporale entro il quale, a pena di decadenza, il conduttore cui sia stato richiesto il pagamento ha facoltà di domandare la giustificazione della pretesa creditoria sia in ordine all’an sia in ordine al quantum».

Mancanza del consenso

La società conduttrice aveva anche sostenuto di «non aver mai prestato il proprio consenso al patto di ripartizione millesimale del 62 27% delle spese accessorie» unitamente alla propria tesi che «il pagamento in tale percentuale delle spese accessorie avvenuto precedentemente non equivale ad accettazione del patto contrattuale, non avendo in precedenza le parti stabilito di attribuire un significato a tale comportamento e non potendosi attribuire al silenzio alcun significato giuridicamente rilevante».

Di diverso avviso il Giudice di secondo grado, che già aveva rilevato a carico della società conduttrice la completa assenza di qualsiasi eccezione sul punto, e così – conseguentemente - la Suprema Corte di Cassazione, per la quale tale censura è da rigettarsi perché assorbita dalla pronuncia principale e dunque non meritevole di alcun esame in sede di legittimità.

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