Gestione Affitti

Covid e locazioni. Causa di forza maggiore il mancato pagamento dei canoni ?

Sì secondo un’ordinanza emessa a Venezia e relativa alla richiesta di riscuotere la fidejussione da parte del locatore per i canoni non percepiti da un esercizio commerciale. La decisione è stata assunta prima del contraddittorio

di Dario Balsamo

Tempi duri per i locatori che, oltre ad essere alle prese con le difficoltà economiche dei conduttori e di conseguenza del pagamento del canone dovuto, nonché dimenticati dai provvedimenti dello Stato, devono anche fare i conti con provvedimenti giudiziari spesso contrari alle loro istanze.Neanche un mese fa, un giudice del Tribunale di Venezia aveva bloccato il pagamento della penale di 6 mesi, richiesto dal locatore alla banca con la quale era stata stipulata una fidejussione da parte del conduttore, per il mancato preavviso da parte di quest'ultimo che aveva deciso di risolvere il proprio contratto di locazione.

Dello stesso tenore è anche la recentissima decisione del 22 maggio 2020 resa, ancora una volta, da un giudice del Tribunale di Venezia, la quale si inserisce nello stesso solco di maggiore tutela del conduttore in questo particolare periodo di emergenza oltre che sanitaria soprattutto economica.

Difatti, come quella decisione, anche questa in esame è un'ordinanza resa in seguito all'attivazione del procedimento ex articolo 700 Codice di procedura civile, la quale quindi, seppur costituisca un precedente, ha ovviamente una valenza meramente interlocutoria, poiché assunta prima della costituzione del contraddittorio e sulla base della prospettazione di una sola delle parti.

I fatti
Fatta questa debita precisazione, la vicenda vede protagonista un importante esercizio commerciale che esercita la propria attività all'interno del centro commerciale “Nave de Vero” di Marghera. Nel caso esaminato, quest'ultimo si è visto costretto ad avviare il procedimento cautelare, ex articolo 700 Codice procedura civile, a seguito della volontà del locatore di escutere la fidejussione rilasciata dalla banca a garanzia delle obbligazioni assunte dalla conduttrice per il mancato pagamento di circa 50 mila euro, in relazione ai canoni d'affitto degli scorsi mesi di febbraio, marzo e aprile.

La decisione del Tribunale di Venezia
L'ordinanza emessa, seppur redatta sinteticamente, contiene un messaggio chiarissimo: l'esercizio commerciale chiuso per il lockdown non è tenuto a pagare il canone per i mesi di chiusura, essendo il blocco dell'attività imposto da una causa di forza maggiore e non derivante da proprie responsabilità.

Ne deriva quindi che il contratto d'affitto di ramo d'azienda che lega le parti deve essere letto alla luce dei provvedimenti d'urgenza emanati durante l'emergenza epidemiologica.
Pertanto, il Giudice veneziano ha ritenuto integrati entrambi i requisiti richiesti dall'articolo 700 ( fumus e periculum), i quali condizionano espressamente l'esperibilità della tutela cautelare alla sussistenza di un pregiudizio “imminente e irreparabile” che impedirebbe, qualora si seguisse la via ordinaria, una tutela immediata, seppur provvisoria, del diritto invocato.

I requisiti dell’articolo 700
Nello specifico, quanto al requisito del fumus boni iuris (cioè apparenza, di buon diritto), il Giudice ha affermato che le vicende del contratto di affitto di ramo di azienda oggetto di causa devono essere valutate alla luce della previsione di cui all'articolo 91, Dl 17 marzo 2020, numero 18, il quale ha introdotto il comma 6-bis all'articolo 3 del Dl 23 febbraio 2020, numero 6 secondo cui: «i l rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti».

Quanto invece al periculum in mora (danno causato dal ritardo), ha ritenuto che la convocazione della controparte avrebbe potuto rendere inutile il provvedimento richiesto perché, la garanzia, sarebbe stata comunque escussa nel tempo necessario a instaurare il contraddittorio.

Udienza di discussione a giugno
Ad ogni modo, come già evidenziato, il provvedimento è stato emesso dal Giudice senza ascoltare le ragioni della società milanese locatrice, che potrà comunque illustrare le proprie ragioni nel corso dell'udienza di discussione del caso, fissata per fine giugno. Così delineati i contorni della vicenda in esame, occorre tuttavia sottolineare che la dinamica normativa scaturita dalla fase di emergenza nella quale viviamo unitamente all'assenza di una normativa ad hoc che disciplini queste fattispecie, i mpone di tenere un atteggiamento quanto meno cauto in quelle che sono, ad oggi, solamente delle interpretazioni di carattere giudiziario che non possono (e non devono) essere generalizzate per tutte le fattispecie.

Non siamo in presenza di una moratoria generalizzata dei debiti
Questa è quindi l'interpretazione che, a parere dello scrivente, deve darsi al comma 6-bis dell'articolo 3 del Dl 23 febbraio 2020, numero 6 secondo cui: «il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice civile, della responsabilità del debitore». Prova ne sia la pronuncia, risalente a circa dieci giorni fa, resa da un Giudice bolognese, il quale ha stabilito che l'emergenza legata al coronavirus non esclude, di per sé, la legittimità dell'escussione del garante del debitore che abbia prestato una fidejussione “a prima richiesta”. L'inadempimento del debitore è quindi giustificato solo se le restrizioni imposte dalla pubblica autorità abbiano reso oggettivamente impossibile l'esecuzione della prestazione.

Pertanto, alla luce di tutto quanto evidenziato, si può affermare che se il legislatore avesse voluto introdurre una moratoria generalizzata di tutti i debiti, lo avrebbe espressamente stabilito.Al contrario, il già citato comma 6-bis dell'articolo 3 del Dl 23 febbraio 2020, numero 6, impone piuttosto al giudice di contemperare in concreto tutti gli interessi coinvolti, nonché di verificare in quale misura i soggetti interessati siano colpiti dalle misure di contenimento, effettuando, di conseguenza, un'attenta e prudente valutazione della effettiva esigibilità della prestazione, alla luce anche dei principi generali di correttezza, buona fede e solidarietà sociale.

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