Gestione Affitti

Affitti brevi, pulizie e colazioni a rischio di contestazioni

Non sono ammessi servizi di hotellerie ma per house keeping, colazione, eventuale food and beverage va valutata la quantità dei servizi resi

di Alfredo Imparato e Donatella Marino

Il contratto-tipo di locazione breve con finalità turistica tra persone fisiche promosso dalla Camera di commercio di Milano, Monza-Brianza e Lodi lo scorso dicembre riaccende le polemiche sulla discussa possibilità per il locatore di offrire oltre all’alloggio anche alcuni servizi di guest care.

Nella prassi, molti sono i proprietari che offrono qualche servizio di hotellerie, esponendosi a spiacevoli ricadute su tutti i piani: civilistico, amministrativo e fiscale. Né ha chiarito il tema il decreto legge 50/2017, che all’articolo 4 ha definito, ai soli fini della disciplina trattata, «locazioni brevi i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche».

Dopo alcune esitazioni iniziali, la prevalente dottrina ha concluso che la previsione dei «servizi di fornitura di biancheria e di pulizia» nulla aggiunge né toglie alla disciplina civilistica, chiarendo solo che l’immobile può essere locato già pulito e dotato di biancheria.

La posizione dei giudici

Quanto alla giurisprudenza, la Cassazione spiega, con orientamento al momento conforme, che l’offerta di servizi volti a favorire un soggiorno piacevole agli ospiti integra comunque le caratteristiche dei contratti “di alloggio” (in albergo, o in residence o comunque in struttura ricettiva) o di “ospitalità turistica”. Già dagli anni Novanta la Cassazione ha differenziato il contratto di ospitalità in residence dalla locazione proprio per l’offerta di servizi ad personam ontologicamente alberghieri che accompagna l’offerta di alloggio, anche se l’ospite decide di non utilizzarli (così, per esempio, Cassazione 4763/99).

Attenzione, quindi: l’host che si qualifica locatore ma fornisce servizi di tipo “alberghiero” si espone al rischio di contestazioni sul tipo di attività svolta. Gli effetti possono essere civilistici, amministrativi e fiscali.

Per esempio, la presenza nell’alloggio di beni alimentari idonei per la prima colazione espone al rischio che eventuali controlli amministrativi contestino l’esercizio di un B&B, con tutte le conseguenze in termini di obblighi da rispettare e di adempimenti.

Dal punto di vista fiscale, poi, l’host non potrebbe più valersi del regime della cedolare secca, prevista per le locazioni ma non per le attività alberghiere, e diventerebbe al contrario soggetto Iva.

Cosa può essere compreso nell’affitto breve
Il problema investe solo i servizi di hotellerie o assimilabili, rivolti al “comodo ricetto” dell’ospite. Comprendono, oltre all’accoglienza dell’ospite al check in, anche una più o meno ampia e diversamente modulata offerta di guest care services per tutta la durata del soggiorno fino al check out: informazioni sulle potenzialità turistiche della location, pulizia sistematica dell’alloggio, cambio periodico della biancheria, altri servizi di house keeping, colazione, eventuale food and beverage, consegna di giornali, prenotazioni, trasporto bagagli o transfer, servizi in camera, lavaggio e stiratura della biancheria personale o ancora organizzazione di escursioni e pratiche sportive. Quel che determina la qualifica contrattuale, tuttavia, non è solo la tipologia ma anche la quantità dei servizi resi.

Nessun problema, invece, per le utenze che corredano il buon utilizzo dell’alloggio: l’uso di acqua calda e fredda, di energia elettrica, riscaldamento, aria condizionata, televisione, linee telefoniche, connessioni wi-fi o altri servizi più strettamente connessi alla res locata.

Gli altri nodi

Quanto al trattamento fiscale dei servizi di pulizia e fornitura biancheria menzionati dal decreto legge 50/2017, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che la ritenuta del 21% si deve applicare ai corrispettivi lordi e, dunque, anche ai rimborsi delle spese sostenute dal locatore per i servizi accessori che corredano la messa a disposizione dell’immobile, tra cui la fornitura della biancheria e la pulizia, se addebitati al conduttore a titolo forfettario.

Al contrario queste spese, se addebitate dal locatore al conduttore sulla base dei costi e consumi effettivamente sostenuti, costituendo una partita di giro, non concorrono a formare la base imponibile su cui applicare la cedolare. È importante, in questo caso, conservare le evidenze e le “pezze” giustificative fino a tutto il periodo di decadenza dell’accertamento.

La cedolare secca del 21% non si applica infine sugli importi sostenuti direttamente dal conduttore senza riaddebito.

Il tutto con un’ulteriore cautela: il locatore persona fisica diventa imprenditore se esercita professionalmente un’attività ricettiva organizzata (articolo 2082 del Codice civile e articolo 55 del Tuir che richiama l’articolo 2195 del Codice civile). Questo accade, per esempio, quando le locazioni sono particolarmente brevi, anche a prescindere dal contenuto dell’accordo locativo che non prevede l’offerta di servizi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©