Gestione Affitti

Affitto con fidejussione, il proprietario deve attivarsi o rischia di perdere la garanzia

di Selene Pascasi

Se a garanzia del pagamento dei canoni di un contratto di locazione si stipula una fideiussione e la morosità dell'inquilino sia tale da giustificare la domanda di risoluzione da parte del locatore, questi dovrà comunicare la situazione al fideiussore e farsi autorizzare ad attendere il saldo. Diversamente, il fideiussore potrà dirsi libero da ogni obbligo. Lo scrive la Corte di cassazione con ordinanza n. 27993 del 31 ottobre 2019 (relatore Di Florio).
La vicenda

Protagonista è una Sas che – vista la protratta morosità del conduttore cui aveva locato un immobile ad uso commerciale – si era munita di un decreto ingiuntivo, rivolto anche al fideiussore, per ottenere il dovuto. Ma il fideiussore si oppone e chiede al giudice di liberarlo dal dovere di “coprire” il debito.
Il tribunale sancisce l'inammissibilità dell'opposizione, poiché tardiva, ma la Corte di appello la accoglie: andava applicato, premette, il rito ordinario e non locatizio e comunque il fideiussore non doveva sborsare nulla perché nulla gli era stato riferito dal creditore.

In Cassazione
La controversia, su ricorso della Sas, approda in cassazione. Due i motivi. Intanto, rileva la società, il rito corretto era il locatizio visto che l'articolo 447 bis del Codice di procedura civile consente di far confluire tra le cause relative ai rapporti di locazione tutte le liti riferibili alla locazione, incluse quelle attinenti le possibili vicende del rapporto e, di riflesso, anche le pretese legate alla fideiussione.
Difesa respinta. Quanto al rito, spiegano i giudici di legittimità, si tratta di un rilievo inerente i soli casi in cui una questione possa essere trattata con riti diversi. Ma quando ogni causa è disciplinata da regole processuali distinte e la scelta di un rito erroneo per l'introduzione di una di esse può pregiudicare la possibilità di trattarla secondo il proprio rito, non si può pretendere che la causa avviata con il rito “sbagliato” sia salvata dalla successiva trattazione in cumulo con la causa che segue quel rito (Cassazione 24037/2015).
Comunque, prosegue la Corte, il nodo era un altro: il giudizio di opposizione – seppur riferito ad un'ingiuzione emessa per mancato pagamento di canoni di locazione – era stato promosso solamente dal fideiussore e solamente per ragioni inerenti il contratto di fideiussione. Ecco che, nonostante il collegamento tra i procedimenti per evidente connessione tra le ragioni dell'opposizione e il rapporto di fideiussione, si trattava di contratti aventi una causa distinta. Il rito da seguire, quindi, era quello ordinario.
Ciò marcato, la cassazione boccia anche il secondo motivo di ricorso stilato sulla presunta insussistenza dei presupposti per ritenere il fideiussore liberato dall'obbligazione.
In effetti, precisa, «qualora un contratto di fideiussione venga stipulato a garanzia del pagamento dei canoni di un contratto di locazione, ove si determini una morosità del conduttore tale da giustificare la domanda di risoluzione da parte del locatore, questi è tenuto a riferire al fideiussore della morosità, onde farsi autorizzare ad attendere il pagamento, in tal modo facendo credito al conduttore con la garanzia del fideiussore». E se non accade, il fideiussore è libero dall'obbligazione (Cassazione 3525/2009).
Ancora, nell'ipotesi di debito ripartito in scadenze periodiche autonome, dunque esigibili anche prima e indipendentemente dalla prestazione complessiva, in caso di decadenza del creditore dall'obbligazione fideiussoria per mancata tempestiva proposizione di atti contro il debitore, il giorno di decorrenza coinciderà con quello di scadenza delle singole prestazioni e non dell'intero rapporto.
Questo, proprio per evitare che il fideiussore sia esposto all'aumento indiscriminato degli oneri correlati alla garanzia, per non essersi il creditore tempestivamente attivato al manifestarsi dell'inadempimento, contando sulla responsabilità solidale (Cassazione 15902/2014). Ebbene, nella fattispecie, la morosità perdurava da più di tre anni e nulla era stato fatto dal creditore per mettere a conoscenza il fideiussore di tale stato di grave insolvenza. Inevitabile, perciò, la scelta della Corte di cassazione di respingere il ricorso.

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