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Atti dal contenuto pleonastico e ripetitivo, la Cassazione boccia il ricorso per «assemblaggio»

di Valeria Sibilio

Una causa dichiarata inammissibile come conseguenza della tecnica dell'”assemblaggio”, ovvero la trascrizione integrale di atti processuali. È quello che è accaduto con la sentenza n° 28815 del 2019, dove la Cassazione ha esaminato un caso originato dalla decisione del Tribunale di Pistoia di dichiarare risolti per inadempimento tre contratti di locazione commerciale stipulati da una società e la Provincia, condannando la conduttrice al pagamento dei canoni e al rilascio dell'immobile alla locatrice.
Decisione confermata dalla Corte di Secondo Grado di Firenze che rigettava l'appello della società. Quest'ultima proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi, nel primo dei quali lamentando che il Tribunale avrebbe adotto che la Provincia aveva tollerato i ritardi e gli inadempimenti nei pagamenti della conduttrice anche per gli ingenti investimenti che sarebbero rimasti acquisiti, manifestando tramite un suo funzionario la volontà di una nuova rateizzazione in quarantotto o settantadue pagamenti assistita da fideiussione, una volta terminati i lavori.
Nonostante ciò, la locatrice avrebbe inviato una lettera, peraltro mai ricevuta, in cui avrebbe dichiarato di non accettare la rateizzazione, procedendo poi all'intimazione dello sfratto, e in tal modo agendo contro i canoni di trasparenza, buon andamento, correttezza e buona fede. Temi sui quali il Tribunale e la Corte d'Appello non si sarebbero pronunciati, non avendo esaminato correttamente i documenti su cui si sarebbe fondata la difesa dell'attuale ricorrente.
Nel secondo motivo, il giudice d'appello avrebbe dovuto confermare la nullità dei contratti stipulati nel 2014 per violazione della direttiva 2002/91 nel suo articolo 7, nella quale la Corte di Giustizia europea avrebbe sanzionato lo Stato italiano per aver dato attuazione alle direttive europee sull'efficienza energetica degli edifici soltanto con il d.l. 63/2013, confermando che la consegna dell'Ape come condizione valida del contratto locatizio sarebbe stata stabilita dalla normativa sovranazionale.
Per la Cassazione, il ricorso è apparso inammissibile ai sensi dell'articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c., una norma, questa che impone, come uno dei requisiti, l'esposizione concisa dei fatti della causa.
Nella vicenda esaminata dagli ermellini, la descrizione della vicenda processuale è stata effettuata utilizzando il metodo del cosiddetto assemblaggio, ovvero l'integrale trascrizione di vari atti processuali. Un metodo sul quale si erano pronunciale le Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698, nella quale avevano affermato che la riproduzione dell'intero contenuto degli atti processuali è superflua ed inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto, la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.
La Suprema Corte ha, perciò, dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere, alla Provincia di Pistoia, le spese processuali, liquidate in euro 7.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.

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