Gestione Affitti

Come distinguere la locazione commerciale da quella abitativa

di Valeria Sibilio

Comunemente si tende a generalizzare in termini univoci il termine legale della locazione ad uso abitativo. La sentenza n°13736 del 2019 del Tribunale ordinario di Roma ci aiuta a comprenderne l'articolazione in sottotipi in virtù del sistema della legge 392/1978.
All'origine della causa, il ricorso in riassunzione notificato ad un attore ed agli eredi da una attrice che, dinanzi al tribunale, aveva chiesto che fosse accertata la simulazione relativa del contratto di locazione stipulato con l'usufruttuario il 23 settembre 1988, avente ad oggetto il proprio appartamento con canone mensile di lire 900.000 ( euro 464,81), relativamente alla clausola relativa alla natura transitoria ed alla durata annuale. La ricorrente chiedeva, inoltre, l'applicazione della legge suddetta al rapporto contrattuale con conseguente rideterminazione dell'equo canone e la ripetizione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle dovute in base all'equo canone, con vittoria di spese e di competenze di lite.
Si costituivano gli eredi eccependo l'improcedibilità, l'inammissibilità e l'infondatezza di tali domande. L'attrice rinunciava alla domanda di accertamento della simulazione relativa del contratto, tenuto conto che, essendo, quest'ultimo stato stipulato con natura non transitoria per motivi di lavoro conosciuti al locatore, giustificava l'applicazione della legge 392/1978.
Inoltre, non vi era dubbio sul fatto che il canone annuale fosse stato concordato in lire 10.800.00 da corrispondersi in rate mensili anticipate pari ad 464,81 e che il rapporto locatizio si fosse rinnovato di anno in anno, proseguendo, senza soluzione di continuità, sino al 27 novembre 2004, data in cui l'attore notificava alla conduttrice l'atto di citazione per la convalida di sfratto per finita locazione.
Occorre precisare che nel sistema della legge n. 392/1978 il tipo legale della locazione ad uso abitativo risulta articolato in tre sottotipi: a) locazioni per esigenze abitative stabili e primarie; b) locazioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio o di lavoro; c) locazioni per esigenze abitative non stabili né primarie ma genericamente transitorie. Il primo sottotipo è soggetto all'applicazione della legge n. 392/1978, il terzo ne é totalmente esonerato, mentre il secondo sottotipo è soggetto all'applicazione della legge n. 392/1978 fatta esclusione per la durata legale.
Per concretizzare l'ultimo sottotipo è necessaria la stabile abitazione dell'immobile da parte del conduttore e il motivo di studio o lavoro per la cui realizzazione si è stipulata la locazione, con la conseguenza che la sussistenza di uno solo di questi due requisiti comporta l'inapplicabilità del regime della legge dell'equo canone. In materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, per l'applicabilità delle disposizioni relative alla determinazione dell'equo canone, anche ai contratti stipulati per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, è necessario che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile e che la locazione sia stata stipulata per realizzare una finalità di studio o di lavoro, non essendo sufficiente allo scopo la presenza di uno solo di essi.
L'onere di provare la contestuale presenza dei due requisiti incombe sul conduttore, ma può essere soddisfatto anche a mezzo di presunzioni. La transitorietà delle esigenze abitative del conduttore va accertata dal giudice con riferimento al momento della conclusione del contratto.
Nel caso in esame, il Tribunale di Roma aveva escluso la prova della simulazione della clausola, trattandosi di contratto di locazione di natura transitoria abitativa semplice non sorretto e giustificato da dissimulate ragioni attinenti a motivi di studio o di lavoro della conduttrice, note al locatore. Per cui, era da escludere che al rapporto contrattuale potessero trovare applicazione l'art. 1 e l'art. 26 della legge n. 392 del 1978. Nonostante il Tribunale di Roma avesse accolto la domanda riconvenzionale di condanna del locatore al pagamento degli interessi legali sul deposito cauzionale, l'obbligo di corrispondere tali interessi ha natura imperativa poiché persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole e impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un incremento del corrispettivo della locazione.
Di conseguenza sono nulle le clausole contrattuali che stabiliscono una disciplina della restituzione difforme da quella contenuta in detta norma. Una volta cessata la locazione, il deposito cauzionale versato dev'essere restituito al locatore. Ciò è applicabile anche alle locazioni ad uso transitorio per il principio della naturale fecondità del denaro, essendo gli importi consegnati a titolo di deposito cauzionale crediti liquidi, immediatamente esigibili al momento della restituzione dell'immobile, e produttivi di interessi di pieno diritto annualmente. Tuttavia, mentre per le locazioni ad uso abitativo si ritiene che la disciplina del deposito cauzionale sia liberamente derogabile da parte dei contraenti, per quelle ad uso non abitativo la disciplina riveste ancora carattere cogente.
Il Tribunale di Roma ha, perciò, rigettato tutte le domande attoree, condannando la parte attrice alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte convenuta, in solido, compensate della metà e liquidabili, nella restante parte, in euro 6.715,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario spese generali al 15%.

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