Gestione Affitti

Società conduttrice morosa, pagano i soci in base all’ultimo bilancio

di Valeria Sibilio


Nei casi in cui una società in liquidazione venga intimata ad estinguere un debito per morosità nei confronti del proprio locatore, i soci della stessa società rispondono dei debiti sociali in base al bilancio finale di liquidazione. Questo perché all'estinzione della società non viene meno il rapporto giuridico di quest'ultima, ma si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale i debiti contratti non si estinguono.
È quanto si è dedotto dalla sentenza 8638 del 2019, nella quale il Tribunale di Roma ha esaminato un caso di morosità tra locatore e conduttore . Nella specie, una società dedita all'attività artigianale di parrucchiere e di gestione di un Fondo Comune di Investimento Immobiliare, intimava per morosità, dinanzi al Tribunale, il conduttore (a sua volta una società) del proprio immobile, concessogli ad uso diverso da quello abitativo con un contratto registrato il 1° febbraio 2006, debitamente registrato.
Nei termini contrattuali, la Società conduttrice si era impegnata al pagamento di un canone mensile di euro 1.350,00. Impegno che la conduttrice non aveva mantenuto, omettendo di pagare tutti i canoni mensili scaduti dal mese di maggio 2015, maturando la complessiva morosità di euro 38.818,14. Per queste ragioni la parte attrice chiedeva al Tribunale di convalidare lo sfratto intimato alla società immobiliare in liquidazione e di emettere, in caso di opposizione, una ordinanza di rilascio e la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice.
Il locatore, inoltre, chiedeva di emettere ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti ed a scadere sino alla data dell'effettivo rilascio dell'immobile, il tutto col favore delle spese di lite. La società immobiliare si costituiva in giudizio, svolgendo opposizione alla convalida dello sfratto eccependone l'irregolarità della notifica e la carenza di legittimazione attiva della ricorrente dovute ad una errata quantificazione della somma pretesa per mancata decurtazione di importi versati dalla conduttrice, tra cui il deposito cauzionale detenuto dalla locatrice. La società immobiliare chiedeva, pertanto, il rigetto delle domande di controparte, con il favore delle spese della lite.
Il Tribunale, ritenendo l'opposizione non fondata su alcuna prova scritta, ordinava alla intimata il rilascio dell'immobile e provvedeva al mutamento del rito, assegnando termine alle parti per le memorie integrative nelle quali venivano riproposte le conclusioni dei precedenti scritti difensivi. La convenuta aggiungeva, in ogni caso, che nulla era dovuto per IVA in difetto di previsione nel contratto di locazione e per la mancata comunicazione di modificazione del regime fiscale da parte della ricorrente.
La società locatrice dichiarava la sopravvenuta estinzione, per cancellazione dal Registro delle Imprese, della Società Immobiliare in liquidazione. A fronte di ciò, il giudizio veniva interrotto e, quindi, riassunto dall'attrice nei riguardi di quella che riteneva l'unica socia a cui la Società apparteneva e tenuta, in via personale, solidale ed illimitata, all'assolvimento delle obbligazioni assunte dalla Società.
La convenuta si costituiva in giudizio, eccependo il difetto di contraddittorio nei confronti delle altre due eredi, l'insussistenza della propria responsabilità illimitata in quanto mai stata socia unico della Società intimata, la mancanza della continuità aziendale e l'incertezza della quantificazione della creditoria pretesa. Ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle due socie, la prima si costituiva eccependo la nullità dell'atto di riassunzione per mancanza di domanda nei suoi confronti, in quanto socia a seguito di decesso del marito, l'incertezza della quantificazione della somma pretesa, con rigetto della domanda attrice, o la compensazione con la somma di euro 8.100,00, versata a titolo di deposito cauzionale. La seconda, invece, eccepiva il difetto di legittimazione passiva per rinuncia all'eredità.
Va premesso che, all'esito dell'estinzione della società adibita ad atgtività di parrucchiere, per cancellazione dal Registro delle Imprese, il rapporto processuale era stato riattivato nei confronti della seconda convenuta, ritenuta, dalla parte attrice, “unica socia” al momento della cancellazione della Società. La convenuta, costituendosi in giudizio, eccepiva la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre socie. Fatto provato dalla produzione del bilancio finale di liquidazione della Società cancellata e del relativo verbale di assemblea, oltre che della dichiarazione sostitutiva Atto Notorio.
Dal punto di vista giuridico, la cancellazione di una società dal registro delle imprese, determinandone l'estinzione, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio. Pertanto, qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si dà un evento interruttivo, con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società. I soci, successori della società, subentrano nella legittimazione processuale in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, con la conseguenza che, ove la prosecuzione sia effettuata solo da alcuni soci o la riassunzione sia stata eseguita solo nei confronti di alcuni soci, il Giudice deve disporre l'integrazione del contraddittorio.
Nel caso esaminato, è apparso evidente che nella quota subentravano anche le altre eredi, con conseguente ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti delle due socie, con conseguente litisconsorzio necessario.
La rinuncia all'eredità da parte della seconda socia, costituiva una ipotesi di carenza di legittimazione passiva dovuta all'assenza di un presupposto indefettibile per una corretta instaurazione del rapporto processuale, tale da estromettere l'attrice dal giudizio.
Riguardo l'esame dell'eccezione della prima socia, relativa alla nullità del ricorso in riassunzione per mancanza di domanda nei confronti della stessa, il Tribunale ha osservato che, seppur vi sia stato un errore sul modello formale dell'atto di integrazione del contraddittorio, il ricorso conteneva gli estremi della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione, relativi al pagamento dei canoni di locazione scaduti, da rivolgere ai soci successori della Società cancellata.
Sulla competenza a decidere del Tribunale, inoltre, si è evidenziato che L'accertamento della responsabilità della socia costituiva una domanda nuova e, dunque inammissibile, per cui, semmai, era rimesso alla parte attrice di rivolgere una apposita istanza ad un Giudice ritenuto competente. L'atto riassuntivo del processo, infatti, è stato rivolto alla ripresa del procedimento nello stato in cui si trovava nel momento in cui è sopravvenuto il momento interruttivo, senza possibilità di mutare la domanda, salvo quelle scaturite dalle difese proposte dall'intimato – convenuto. Un mutamento della domanda si ottiene quando muta il nucleo di fatti causalmente collegati con l'oggetto della domanda e quando si introduce un tema di indagine nuovo.
Il Tribunale ha ritenuto la domanda risolutoria del contratto di locazione fondata e da accogliere. I giudici hanno evidenziato il fatto che incombesse alla conduttrice il pagamento del canone base indicato nel contratto. Mentre la Società intimante ha dimostrato il titolo e la scadenza dell'obbligazione di pagamento inadempiuta, quella intimata e le convenute in riassunzione non hanno contestato di avere omesso, alla litispendenza, di versare la sorte dei canoni mensili e gli oneri accessori contrattuali, a prescindere dalla esatta quantificazione del debito.
Il Tribunale ha dichiarata la cessazione della materia del contendere relativa al rilascio, essendo stato restituito l'immobile ricevuto in locazione, alla proprietaria, nelle more del giudizio. Inoltre, dalla prospettazione della parte intimante, venivano evidenziati i canoni rimasti inevasi, quantificati per l'anno 2015 in euro 10.596,81, per l'anno 2016 in euro13.493,26 e per l'anno 2017 fino al mesi di agosto incluso in euro 12.110,64, con un complessivo dovuto di euro 36.200,71, oltre interessi legali dalle rispettive scadenze al saldo.
I soci di una società di capitali cancellata rispondono dei debiti sociali ex art. 2495, comma 2, c.c. fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale i debiti contratti dalla società non si estinguono, poiché si sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, il debito si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Nel caso in cui un creditore sociale non soddisfatto voglia far valere il proprio credito nei confronti dei soci, l'azione è possibile solo se e nella misura in cui il bilancio finale di liquidazione abbiano riconosciuto a questi ultimi qualche somma. Spetta, poi, al creditore fornire la prova dell'avvenuta riscossione delle somme, tenuto conto che la percezione della quota dell'attivo sociale assurge a elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio.
Il Tribunale di Roma ha, perciò, accolto accoglie le domande proposte dalla società locatrice contro quella conduttrice e nei confronti delle due socie convenute, dichiarando risolto, per inadempimento grave della conduttrice, il contratto di locazione inerente all'immobile e condannando le convenute al pagamento delle spese di lite in favore della locatrice liquidate in euro 4.407,15, di cui euro 507,15 per esborsi ed euro 3.900,00 per compensi professionali.

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