Gestione Affitti

Banca dati delle strutture ricettive e affitti brevi. Obblighi e sanzioni solo per i gestori?

di Fabio Diaferia

Il Dl 30 aprile 2019, n. 34, cosiddetto “decreto crescita ” è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019 n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 29 giugno 2019, Supplemento Ordinario n. 26 ed è in vigore dal 30 giugno 2019. La legge di conversione ha introdotto nel Dl una norma, l'articolo 13 quater, che detta nuove disposizioni in materia di locazioni brevi e attività ricettive.
Ci si soffermerà qui ad analizzare, in particolare, le disposizioni che direttamente riguardano coloro che danno in locazione immobili ad uso abitativo per periodi di durata non superiore a trenta giorni ai sensi dell'articolo 4 del d.l. 24 aprile 2017 n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017 n. 96. Si farà però anche qualche breve accenno agli effetti che le nuove disposizioni produrranno, una volta che saranno stati emanati i decreti attuativi, su coloro che gestiscono vere e proprie strutture ricettive, nonché su coloro che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile, con persone che dispongono di unità immobiliari da locare e, infine, anche su quei locatori che non sono soggetti alla disciplina di cui all'art. 4 del d.l. 50/2017.
Con il secondo e il terzo comma del nuovo art. 13 quater del d.l. 34/2019 è stato previsto che il Ministero dell'Interno debba fornire alla Agenzia delle Entrate i dati risultanti dalle comunicazioni di cui all'articolo 109, comma 3, del TULPS. Si tratta dei dati individuati dal Decreto del Ministro dell'Interno del 7 gennaio 2013 (Disposizioni concernenti la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell'arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive) che ciascun gestore di una struttura ricettiva e ciascun locatore o sublocatore di immobili concessi in godimento con contratti di durata inferiore a trenta giorni devono inviare alla questura competente per territorio mediante il portale denominato “AlloggiatiWeb”.
L'Agenzia delle Entrate renderà poi disponibili detti dati, anche a fini di monitoraggio, ai comuni che hanno istituito l'imposta di soggiorno o il contributo di soggiorno. I dati stessi, inoltre, verranno utilizzati dall'Agenzia delle Entrate, unitamente ai dati trasmessi dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare ai sensi dell'articolo 4, commi 4 e 5, del d.l. 50/2017, ai fini dell'analisi del rischio relativamente alla correttezza degli adempimenti fiscali.
Sebbene nella norma sia stata individuata una sorta di “stretta sugli affitti brevi”, si deve sottolineare che detta norma offre all'Agenzia delle Entrate e ai comuni uno strumento di controllo sulla correttezza degli adempimenti fiscali non solo dei proprietari degli immobili dai in locazione breve ai sensi del d.l. 50/2017, ma anche dei gestori delle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere che, come detto, sono tra i soggetti tenuti alla trasmissione dei dati alle questure ai sensi dell'articolo 109, comma 3, del TULPS.
La norma inoltre realizza, seppur in forma migliorabile, quella forma di interscambio dei dati tra uffici della pubblica amministrazione che le associazioni dei proprietari di immobili concessi in godimento con contratti di durata inferiore a trenta giorni chiedono da tempo al fine di coniugare legalità e semplificazione.
La norma per essere concretamente attuata richiede però che criteri, termini e modalità della trasmissione dei dati vengano stabiliti con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 34/2019, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali che deve pronunciarsi entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione. E' quindi auspicabile che il legislatore preveda che i dati vengano trasmessi anche alle Regioni e alle Province Autonome ai fini dell'esercizio delle rispettive funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull'esercizio delle attività turistico ricettive e della locazione turistica. E' altresì auspicabile che i dati vengano trasmessi anche all'Istituto Nazionale di Statistica ai fini delle rilevazioni sul Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi ma soprattutto ai fini della rilevazione del Movimento dei conduttori degli alloggi concessi in locazione turistica (definita “rilevante nuovo fenomeno” dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 84 del 6 marzo-11 aprile 2019) che, ad oggi, non è prevista dal Programma Statistico Nazionale. Detto programma, infatti, continua a prevedere solo la rilevazione dei dati statistici che riguardano gli “esercizi ricettivi”, che comprendono anche la sottocategoria degli “altri alloggi privati”, ma tra i quali non possono certamente essere ricompresi gli alloggi dati in locazione con contratti di diritto privato ai sensi dell'articolo 1571 del codice civile che non possono, evidentemente, essere considerati “esercizi ricettivi”.
Ove si potesse davvero attuare l'auspicata trasmissione dei dati a tutte le pubbliche amministrazioni interessate e all'Istat, si potrebbe giungere, finalmente, alla realizzazione di quella “Comunicazione Unica” che da mesi viene invocata dalle oltre 400.000 famiglie di italiani che danno in locazione breve/turistica i propri alloggi. Si potrebbe cioè giungere a far sì che la comunicazione dei dati alle questure tramite il portale “AlloggiatiWeb” sostituisca tutte le comunicazioni attualmente previste da numerose leggi regionali e da numerosi regolamenti regionali e comunali, relative all'imposta di soggiorno e ai cosiddetti “flussi turistici”.
Con il quarto e quinto comma del nuovo art. 13 quater del d.l. 34/2019 è stata infine prevista l'istituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo di una “banca dati” sia delle strutture ricettive, sia degli immobili destinati alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, presenti nel territorio nazionale.
Detta banca dati dovrà quindi contenere sia le informazioni relative a tutte le strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere (cioè, oltre agli alberghi: case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, affittacamere, foresterie, ostelli, rifugi alpini, campeggi e altre tipologie previste dalle singole regionali che disciplinano la materia), sia le informazioni relative ai soli immobili destinati alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. Poiché gli immobili destinati alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 sono solo quelli oggetto di contratti stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, dalla banca dati resteranno esclusi tutti gli alloggi oggetto di contratti di locazione stipulati da persone giuridiche e tutti gli alloggi oggetto di contratti di locazione stipulati da persone fisiche nell'esercizio dell'attività di impresa.
Se il legislatore avesse voluto comprendere nella banca dati anche gli alloggi che ne resteranno invece esclusi, avrebbe dovuto fare genericamente richiamo a tutti gli immobili concessi in godimento con contratti di durata inferiore a trenta giorni (come ha fatto con la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 19-bis del d.l. 113/2018) e non, invece, ai soli immobili destinati alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.
Tra gli scopi che la banca dati si prefigge c'è anche quello di contrastare forme irregolari di ospitalità anche ai fini fiscali. Corre quindi l'obbligo di domandarsi cosa abbia spinto il Parlamento a prevederne l'istituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo anziché presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, essendo indubbio che il primo non abbia competenza alcuna in ordine al contrasto di forme irregolari di ospitalità sotto il profilo fiscale.
Nella banca dati, ogni struttura ricettiva e ogni immobile destinato alla locazione breve ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, verrà identificato mediante un codice alfanumerico (cosiddetto “codice identificativo”) che dovrà essere utilizzato in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza.
Recentemente la Corte Costituzionale, con la sopracitata sentenza 84/2019, ha affermato che il legislatore regionale, al fine di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull'esercizio delle attività turistiche, possa creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di una attività imprenditoriale e a tal fine possa legittimamente prevedere che anche i locatori turistici debbano munirsi di un apposito codice identificativo. La Corte Costituzionale ha quindi ritenuto che gli aspetti turistici delle locazioni turistiche ricadano nella competenza residuale delle Regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione. Non si spiega quindi come, a distanza di soli due mesi e mezzo dal deposito di quella sentenza, il legislatore statale abbia ritenuto di poter approvare una norma che attiene proprio a quella materia che la Corte Costituzionale aveva appena affermato rientrare nella competenza residuale delle Regioni.
Stando alla lettera della legge e quindi in applicazione del principio “in claris non fit interpretatio” di cui all'articolo 12 delle preleggi, per gli immobili destinati alla locazione breve ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, dovrebbe esservi solo l'identificazione mediante “codice identificativo ” nella banca dati ma non anche l'obbligo di utilizzo del “codice identificativo” in ogni comunicazione inerente l'offerta e la promozione di servizi all'utenza. Ciò per la semplice ragione che chi dà in locazione breve un alloggio ai sensi dell'articolo 1571 del codice civile e dell'articolo 4 del d.l. 50/2017, offre e promuove esclusivamente la concessione del godimento di un alloggio ma non offre e promuove alcun servizio, essendo la prestazione dei servizi riservata a chi esercita una vera e propria attività turistico ricettiva per il tramite di una vera e propria struttura ricettiva.
Questa interpretazione sembra trovare conferma nel settimo comma dell'articolo 13 quater del d.l. 34/2017, nel quale si legge che solamente i soggetti titolari delle strutture ricettive, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile o porzioni di esso con persone che dispongono di unità immobiliari o porzioni di esse da locare (ma non i locatori di immobili concessi in godimento con contratti di durata inferiore a trenta giorni) sono tenuti a pubblicare il codice identificativo nelle comunicazioni inerenti all'offerta e alla promozione.
Non è superfluo ricordare, ancora una volta, che il locatore non può essere equiparato al gestore di una struttura ricettiva semplicemente facendo applicazione del canone interpretativo della “mens legis”. A conferma di ciò si ricorda che laddove il legislatore ha ritenuto di estendere ai locatori obblighi normativamente previsti per i soli gestori delle strutture ricettive lo ha fatto emanando una norma di interpretazione autentica (si veda, ad esempio, l'art. 19-bis del d.l. 113/2018, cosiddetto “decreto sicurezza” che ha esteso ai locatori gli obblighi previsti dall'articolo 109 TULPS per i soli gestori delle strutture ricettive).
Dalla mancanza dell'obbligo di pubblicazione del codice identificativo per coloro che intendono stipulare i contratti di locazione breve di cui all'articolo 4 del d.l. 50/2017 ne deriva che anche le sanzioni da 500 euro a 5.000 euro previste dal comma 8 dell'articolo 13 quater del d.l. 34/2019, essendo riferite all'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 7, non siano applicabili a coloro che intendono stipulare i contratti di locazione breve di cui all'articolo 4 del d.l. 50/2017.
Probabilmente non era questa l'intenzione del legislatore. Tuttavia secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione: (sentenza 26 gennaio 2012, n. 1111): “E' fondamentale canone di ermeneutica, sancito dall'art. 12 preleggi, che la norma giuridica deve essere interpretata, innanzi tutto e principalmente, dal punto di vista letterale, non potendosi al testo attribuire altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, pertanto, nell'ipotesi in cui l'interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercé l'esame complessivo del testo, della <<mens legis>>, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, così come inequivocabilmente espressa dal legislatore; soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l'elemento letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, cosicché il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all'equivocità del testo da interpretare”.
Da ciò deriverà sicuramente un accrescimento di quella situazione di incertezza che già tanti problemi sta suscitando in chi vorrebbe poter locare i propri immobili in un quadro normativo e amministrativo semplice e chiaro e di cui, certamente, non si sentiva bisogno.
Anche per l'attuazione della norma istitutiva della “banca dati” e del relativo “codice identificativo” si dovrà comunque attendere un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, che dovrà essere adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 34/2019, e che dovrà stabilire:
a) le norme per la realizzazione e la gestione della banca dati, compresi i dispositivi per la sicurezza e la riservatezza dei dati;
b) le modalità di accesso alle informazioni contenute nella banca dati;
c) le modalità con cui le informazioni contenute nella banca dati sono messe a disposizione degli utenti e delle autorità preposte ai controlli e quelle per la conseguente pubblicazione nel sito internet istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
d) i criteri che determinano la composizione del codice identificativo, sulla base della tipologia e delle caratteristiche della struttura ricettiva nonché della sua ubicazione nel territorio comunale.
Ancora una volta, nell'ottica di un processo di semplificazione che riguarderebbe non solo le oltre 400.000 famiglie di cittadini che danno in locazione breve/turistica i propria immobili ma anche le centinaia di migliaia di gestori delle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere, è auspicabile che la “banca dati” presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo venga alimentata automaticamente dalle domande di cui al Decreto del Ministero dell'Interno del 7 gennaio 2013 e quindi dalle domande di abilitazione di accesso al portale “AlloggiatiWeb”, già presentate alle questure alla data di attuazione della banca dati e da quelle che verranno presentate successivamente, senza che vengano richieste ulteriori attività sia ai locatori, sia ai gestori delle strutture ricettive.
Con un altro decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 34/2019, sentiti il direttore dell'Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali, dovranno essere definite le modalità applicative per l'accesso ai dati relativi al codice identificativo da parte dell'Agenzia delle entrate.
Si segnala, infine, che il primo comma del nuovo articolo 13 quater del d.l. 34/2019 ha aggiunto un nuovo periodo all'articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 prevedendo che i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato italiano, che esercitano attività di intermediazione immobiliare o gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, siano solidalmente responsabili con i soggetti non residenti per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 4 del 50/2017, per il caso detti soggetti non residenti non abbiano nominato un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti indicati nell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
In conclusione una considerazione di carattere politico. Non si deve dimenticare che a fronte di città, come Firenze e Venezia, che continuano ad invocare una limitazione dei flussi turistici nelle proprie città, ci sono altre città, come Milano, che, invece, hanno allo studio la realizzazione di eventi ricorrenti che, aggiungendosi a quelli delle settimane della moda e del salone del mobile, possano portare ciclicamente in città un numero sempre maggiore di turisti che, stante l'insufficienza di posti letto nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere, non possono che trovare alloggio in appartamenti privati. Non si deve neppure dimenticare che mentre il sindaco di qualche città invoca limiti alla locazione turistica, i funzionari comunali di quelle stesse città, fanno i conti con milioni di euro di nuove entrate rappresentate dall'imposta di soggiorno pagata dai turisti che alloggiano negli appartamenti privati e l'Agenzia delle Entrate a sua volta fa i conti con milioni di euro di nuove entrate rappresentate dalla cedolare secca che i proprietari degli alloggi dati in locazione breve pagano sull'ammontare dei canoni percepiti e che fino a pochi anni fa non era neppure ipotizzabile nel bilancio dello Stato. A fronte di queste considerazioni appare davvero miope, nell'ottica dell'interesse generale e non solo di quello di alcune categorie di operatori, pensare di frapporre sempre più ostacoli a cittadini che dando in locazione i propri alloggi si sono dati un “reddito di cittadinanza” senza gravare sulle casse dello Stato ma, anzi, contribuiscono all'aumento del gettito fiscale sia in termini di irpef sia in termini di imposta di soggiorno.

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