Gestione Affitti

Sfratto per morosità rigettato se l'inquilino ha anche l’usufrutto dell’immobile

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico - a cura di Fna

L'impegno irrevocabile, assunto con scrittura privata (non autenticata) alla costituzione del diritto di usufrutto (articolo 978 del Codice Civile) è opponibile al contraente ed esclude lo sfratto. Questo, in estrema sintesi, il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano, 10 aprile 2019, n. 3611, tredicesima sezione civile , che ha rigettato la richiesta di sfratto per morosità avanzata dal proprietario di un'immobile nei confronti dell'inquilina, convivente del padre dell'intimante nel frattempo deceduto. Il Giudice ha accolto le ragioni della donna, che si è opposta alla richiesta sostenendo che il proprietario (cioè il figlio, all'epoca solo nudo proprietario del bene) aveva assunto (“irrevocabilmente”), con scrittura privata, l'obbligo di costituire in suo favore il diritto di usufrutto generale sull'immobile. A ingarbugliare la questione, un contratto di locazione che il padre ha fatto firmare alla donna poco prima di morire, nell'intento di creare un titolo che legittimasse nell'immediato l'occupazione dell'immobile da parte della convivente e al contempo scoraggiasse eventuali creditori dall'intraprendere azioni esecutive (stante lo stato di occupazione).
Come ha spiegato il Tribunale «sebbene l'odierno intimante possa ritenersi subentrato, quale parte locatrice, nel contratto di locazione, deve ritenersi abbia in via preventiva rinunciato alla locazione stessa; infatti, con scrittura privata si era obbligato nei seguenti termini: mi impegno irrevocabilmente per il caso di premorienza di mio padre a costituire usufrutto generale sull'immobile di cui sopra, a favore della signora, a condizione che la stessa sia, in quel momento, convivente con mio padre». Accertato che la donna e il padre, al momento della morte di quest'ultimo, erano conviventi «l'obbligo di costituzione dell'usufrutto, tanto solennemente assunto, implicava sin dall'origine, e ancor più oggi, la rinuncia dell'intimante alla locazione». In ambito familiare – continua il Giudice Milanese - si era quindi formato un consenso sul riconoscimento del ruolo di convivente proprio della donna, «tradottosi nella previsione del diritto, tipico di un coniuge, all'usufrutto (o all'abitazione) in seguito al decesso dell'altro coniuge». Per quanto riguarda il contratto di locazione formalizzato dal padre dell'intimante qualche mese prima di morire, il Tribunale osserva come lo stesso sia «ben poco confacente alla situazione descritta, ma forse dettato dall'intento di creare un titolo che legittimasse nell'immediato l'occupazione dell'immobile da parte della donna e, al contempo, di sottrarre l'immobile ad atti esecutivi dei creditori, rendendolo meno appetibile, in quanto occupato».

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