Gestione Affitti

Basta ottenere il permesso e va pagato il canone per le antenne per telefonia mobile

di Enrico Morello ed Edoardo Valentino

Una condòmina agiva in giudizio per ottenere una sentenza di condanna di una società di telecomunicazioni di corrispondere il canone di locazione pattuito per l'istallazione di antenne sul tetto dell'attrice.
Gli accordi tra le parti prevedevano, infatti, come questo canone sarebbe stato dovuto all'esito del conseguimento delle necessarie autorizzazioni urbanistiche e sanitarie da parte della società.
In primo grado, il giudice accoglieva la domanda della parte attrice, riconoscendo dovuto il contributo a titolo di locazioni arretrate.
La Corte d'Appello, invece, adita dalla società di telecomunicazioni, sovvertiva l'esito del primo giudizio affermando, sostanzialmente, come nessun obbligo fosse insorto in capo all'appellante dato che essa si era vista negare l'autorizzazione all'istallazione da parte del comune ed aveva dovuto depositare ricorso al Tar (procedura poi terminata con esito positivo).
La proprietaria, quindi, visto l'esito del giudizio d'appello aveva depositato un ricorso in sede di Cassazione, sostanzialmente lamentando l'iniquità del giudizio di riesame.
A detta della ricorrente, difatti, la Corte d'Appello “a fronte delle due circostanze individuate dal contratto come eventi condizionanti sospensivamente l'obbligazione del canone della società resistente (“inizio lavori” ed “ottenimento di quelle concessioni”)” si era limitata ad affermare che “la società [omissis] ha promosso ricorso innanzi al Tar sia contro l'ordinanza con la quale il comune di [omissis] aveva denegato l'autorizzazione – conclusosi con sentenza favorevole, sia contro l'ordinanza sindacale di sospensione dei lavori [omissis] conclusasi anch'essa con sentenza favorevole”.
Secondo la Corte d'Appello, la concessione delle autorizzazioni non avrebbe rilevato al fine del termine iniziale del computo del contratto di locazione, in quanto l'inizio dello stesso avrebbe dovuto decorrere unicamente dal concreto inizio dei lavori.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 14754 del 30 maggio 2019, accoglieva il ricorso della proprietaria.
A parere della Suprema Corte, difatti, il presupposto del contratto di locazione sarebbe stato validamente quello dell'inizio dei lavori o anche solo dell'ottenimento dei relativi permessi.
La prima sentenza di merito, in ragione di ciò, aveva accolto le ragioni della proprietaria condannando la società al pagamento degli importi relativi a quattro anni di locazioni arretrati.
Nel corso dell'appello, tuttavia, il Giudice – invece – aveva riformulato la sentenza di primo grado sostanzialmente affermando come la necessità di ricorrere in sede amministrativa per contrastare il diniego dei permessi avrebbe ragionevolmente comportato il rinvio dell'inizio della locazione al concreto inizio dei lavori di costruzione.
A parere della Cassazione tale decisione risultava illogica e intrinsecamente apodittica, e la relativa motivazione era “del tutto inidonea a consentire di apprezzare l'iter logico-giuridico della corte di merito seguito per addivenire alla raggiunta conclusione”.
Alla luce di tali considerazioni, quindi, la Corte, in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava il caso ad altra sezione della Corte d'Appello per il riesame nel merito.

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