Gestione Affitti

La «tolleranza» del locatore neutralizza la causola risolutiva per i ritardati pagamenti

di Valeria Sibilio

Ritardi nel pagamento del canone: tolleranza od intolleranza? Questo è il dubbio che affligge i locatori di immobili, in bilico tra rigidità normativa e flessibilità emotiva. Ma la legge non è negoziabile e il dubbio si estingue nel momento in cui la questione sfocia nelle vie giudiziarie.
Come nella sentenza n°1541 del 2019, nella quale il Tribunale di Roma, ha trattato un caso originato dalla notifica di un locatore in merito alla richiesta di convalida dello sfratto per morosità relativo ad un proprio immobile locato ad una società con un contratto del 3 giugno 2013 al canone mensile di euro 11.000,00 (oltre iva di legge) da pagarsi in rate trimestrali anticipate. Per il ricorrente, la conduttrice era morosa della somma di euro 24.400,00 per il mancato pagamento delle mensilità di dicembre 2017 e gennaio 2018 in relazione alle quali era stato consegnato un assegno bancario risultato insoluto.
La parte attrice chiedeva, inoltre, l'emissione del decreto ingiuntivo ex art.664 c.p.c e la risoluzione del risolto il contratto in forza della clausola risolutiva espressa. La società conduttrice, opponendosi alla convalida non contestando la morosità, asseriva di aver provveduto al pagamento dei debiti successivamente all'avvenuta notifica, dichiarando di volersi impegnare ad onorare, entro un breve termine, tutte le somme comunque maturate nelle more del giudizio, oltre a riconoscere un contributo per le spese legali. Il tutto al fine di evitare la risoluzione del rapporto.
All'udienza del 15 maggio 2018, l'intimante dava atto di aver ricevuto i pagamenti dei canoni scaduti, segnalando che nelle more del giudizio era emersa una, prima non conosciuta, morosità della parte resistente per oneri condominiali pari ad euro 22.209,35. Morosità che la parte conduttrice era disposta a definire. Tuttavia, il ricorrente, evidenziando l'inadempienza della società in merito al pagamento degli oneri condominiali per euro 19.405,00, insisteva sulla risoluzione del contratto.
Esaminati i fatti, il Tribunale respingeva la domanda attorea, sottolineando che, il celere adempimento dei pagamenti, sia pure dopo la notifica dell'intimazione, faceva ritenere che la morosità fosse stata occasionale e immediatamente sanata. Inoltre, la morosità per il mancato pagamento degli oneri condominiali era stata dedotta solo nel secondo giudizio, per cui il conduttore non poteva ritenersi in mora non essendole mai pervenuta alcuna richiesta di pagamento. Anzi, una volta che tale morosità era emersa, il conduttore aveva mostrato la propria diligenza nel rispettare la rateizzazione ottenuta con il condominio con pagamenti bisettimanali per euro 2.200,00 ciascuno. La società aveva onorato anche le successive scadenze, tanto da indurre la parte procedente a riconoscergli un termine per la verifica dei pagamenti poi accertati. Per cui la valutazione dell'inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive, va adeguata anche a un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale, con la conseguenza che il ritardo nel pagamento di soli due canoni assume un connotato di minore gravità se valutato alla luce della condotta tenuta dal conduttore nei quattro anni precedenti di durata del rapporto nei quali la convenuta non risultava essere mai stata destinataria di altre procedure e diffide ad adempiere da parte della proprietà.
Quanto al richiamo del ricorrente, inerente la clausola risolutiva espressa, che recita: «La puntualità nel pagamento del canone con gli oneri accessori è clausola di essenziale importanza del contratto. In caso di non puntuale pagamento anche di una sola rata, trascorso il giorno cinque del mese, o trenta giorni dalla richiesta degli oneri accessori, è dovuta, per il solo ritardo, una penale risarcitoria pari al 7% delle somme non corrisposte. In ogni caso, ove il ritardo del pagamento del canone con gli oneri accessori si prolungasse di altri venti giorni oltre i termini di tolleranza, il contratto verrebbe risolto per colpa del conduttore», il Tribunale ha osservato che la proprietà non aveva, prima del giudizio, formulato alcuna istanza di avvalersi della clausola, mantenendo un atteggiamento tollerante con la società. Anche la giurisprudenza ha evidenziato come la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito, rende inoperante la clausola risolutiva espressa prevista in un contratto di locazione, la quale riprende la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione di volontà, a richiamare il debitore all'esatto adempimento delle sue obbligazioni. Nel caso esaminato, la locatrice aveva tollerato il tardivo pagamento, mai mettendo in mora la conduttrice o richiedendo il pagamento del dovuto, neanche con la procedura di sfratto.
Il Tribunale di Roma ha, perciò, rigettato la domanda del locatore, condannando la parte convenuta alla refusione delle spese di lite in favore della società, liquidate in euro 190,00 per esborsi ed euro 2.700,00 per compensi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario.

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