Gestione Affitti

Commette due reati l’inquilino che distrugge l'appartamento affittato

di Giulio Benedetti

Il mercato immobiliare assiste ad una crescente morosità dei canoni di locazione ed anche al preoccupante fenomeno, in preoccupante aumento, della devastazione degli appartamenti a fine locazione. Spesso i proprietari quando , talvolta dopo dispendiosi contenziosi giudiziari, rientrano nel possesso dei loro appartamenti, constatano l'asportazione di mobili , di termosifoni, di lavandini , di sanitari di porte , di infissi e di finestre, in modo che i loro appartamenti risultano distrutti.
In tali casi i proprietari presentano querele nei confronti degli autori di tali fatti per i reati di danneggiamento aggravato (se commessi su un edificio di interesse storico o artistico o posto nel perimetro dei centri storici ) e di appropriazione indebita aggravati dall'abuso di prestazione d'opera.
La Corte di Cassazione (sentenza 4148/2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso avvero una sentenza che aveva condannato due soggetti per i reati di danneggiamento aggravato di un immobile, ricompreso in un centro storico, e di appropriazione indebita indebita di alcuni infissi e sanitari ed elementi elettrici nell'appartamento . Nel ricorso i due soggetti affermavano che la sentenza di condanna doveva essere annullata perché non erano stati assolti per la particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis c.p., di cui avevano chiesto l'applicazione in sede di udienza. Osservava la loro difesa che la sentenza di condanna era viziata perché il giudice non teneva conto di tale richiesta . La Corte di Cassazione non condivideva l'assunto difensivo perché, sulla base della sua giurisprudenza (S.U. n. 13681/2016), il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa , che ha oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo , valutate secondo l'art. 133 c.p., e richiede un'equilibrata considerazione di tutte le peculiarietà della fattispecie concreta , e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto.
Nel caso esaminato la Corte afferma che il danno cagionato dai due imputati all'immobile che conducevano in locazione non può ritenersi di infima rilevanza . La la Corte di Appello ha ritenuto pienamente giustificata la determinazione della pena in misura maggiore al minimo edittale , anche a causa dell'entità dei danni cagionati dagli imputati all'immobile locato attraverso la rimozione dei lavabi e della relativa rubinetteria , di tre porte interne , di 32 interruttori di un quadro elettrico , di alcuni cavi elettrici , l'otturazione con schiuma isolante espansa dei tubi di scarico e dei tubi elettrici, in tal modo resi inservibili. Da tali considerazioni e dalla lettura della sentenza di condanna la Corte di Cassazione affermava che non ricorrevano i presupposti per riconoscere ai ricorrenti l'esclusione della punibilità dei predetti reati per particolare tenuità del fatto.
Sempre in tale ambito la Corte in Cassazione in precedenza (sent. n. 20183/2016) riconosceva un' applicazione ampia dell'aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p. , alle ipotesi di appropriazione indebita , poiché l'espressione “abuso di prestazione d'opera” abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino un obbligo di fare, bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto e non rileva la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza.
Ne consegue che detta aggravante si applica anche alle ipotesi di appropriazione indebita , da parte dei locatori, di oggetti, di suppellettili, di impianti tecnologici, di infissi , di mobili, dei proprietari e contenuti all'interno dell'immobile locato.

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