Gestione Affitti

Non pagare l’affitto giustifica la risoluzione della locazione

di Selene Pascasi

Non versare i canoni costituisce un inadempimento del contratto di locazione tanto grave da giustificarne la risoluzione. Gravità implicita, inerente un'obbligazione primaria del negozio, che rende inutile ogni valutazione. Lo ricorda il Tribunale di Roma con sentenza n. 1432 del 18 gennaio 2019.
Violazione più “pesante”, è ovvio, se protratta dopo l'introduzione del giudizio avviato dal locatore.
È il proprietario di un appartamento ad intimare lo sfratto per morosità alla società cui lo aveva concesso ad uso commerciale. Le mensilità scadute e non versate, spiega al giudice, ammontavano a più di quattromila euro. Di qui, l'ulteriore richiesta di emettere, in caso di opposizione, ordinanza di rilascio e decreto ingiuntivo per gli insoluti. La S.r.l. deposita copia dei pagamenti relativi ai canoni intimati, ed eseguiti dopo la notifica dell'atto introduttivo ma la difesa dell'intimante, in sede di convalida, mette a verbale la persistenza della morosità anche relativamente ai canoni spirati dopo quelli intimati ed insiste per il rilascio.
La domanda, proseguita nella fase ordinaria, viene accolta dal Tribunale. Il sinallagma contrattuale della locazione, scrive, prevede il pagamento dei canoni a fronte del godimento del bene per cui l'omissione integra «una rilevante alterazione del sinallagma contrattuale, tale da determinare la risoluzione del contratto» ai sensi dell'articolo 1455 del Codice civile. E sul punto è consolidata la tesi giurisprudenziale – ribadita dalla Corte di cassazione (sentenza n. 19652/2004) – secondo cui in tema di risoluzione per inadempimento, la valutazione della non scarsa importanza «deve ritenersi implicita ove l'inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazioni, quella del pagamento del canone». L'inquilino, infatti, non può astenersi o ritardare la corresponsione del mensile, trattandosi della sua principale e fondamentale obbligazione. E la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, esattamente come il ritardo, potrebbe legittimare l'applicazione dell'articolo 1460 del Codice civile solamente ove manchi del tutto la prestazione della controparte ossia il consentire il pieno godimento del bene.
Ma nella vicenda, la società era nel suo pieno godimento nonostante il mancato pagamento di diversi canoni di locazione e il ritardo nell'assolvimento di altre mensilità. I fatti lamentati dal proprietario, quindi, non solo erano idonei a fondare la domanda di risoluzione ma erano stati anche dimostrati avendo egli assolto al suo onere probatorio, allegando titolo (contratto locativo) e importo dovuto.
Per liberarsi dall'addebito, pertanto, la S.r.l. avrebbe avuto una sola possibilità: provare fatti impeditivi o estintivi dell'inadempimento e invece si era limitata a rappresentare un ritardo inidoneo a giustificare l'inadempimento. Non solo. Già solo il ritardo oltre le scadenze pattuite, prosegue il Tribunale romano, costituisce motivo di risoluzione e, nella fattispecie, la condotta omissiva relativa al mancato e ritardato pagamento dei canoni, si era protratta per tutto il corso del giudizio di merito. Si spiega in questi termini, la decisione di condannare l'inquilina al saldo dei canoni insoluti sino alla pronuncia e di quelli a scadere fino al rilascio, maggiorati di interessi al tasso legale dalle singole scadenze al soddisfo totale. Inevitabile, poi, vista la gravità della violazione, l'accoglimento della domanda di risoluzione per colpa della ditta, condannata al rilascio immediato dell'alloggio.

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