Gestione Affitti

Affitto, l’inquilino rimborsa l’Imu pagato dal locatore

di Saverio Fossati

È lecita la clausola di un contratto di locazione che preveda che imposte e tasse relative all’immobile locato siano poste a carico del locatario. Lo affermano le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 6882, depositata ieri), che intervengono sul tema dopo le due storiche (e apparentemente contraddittorie) pronunce del 1985.

La questione prende le mosse da un contratto di locazione (non abitativa) nel quale una clausola specifica prevedeva che «Nel corso dell’intera durata del contratto il conduttore si farà carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati e al presente contratto tenendo conseguentemente manlevato il locatore relativamente agli stessi, il locatore sarà tenuto al pagamento delle tasse, imposte e oneri relativi al proprio reddito».

L’inquilino aveva impugnato questa clausola sotto diversi profili, sostenendo che la clausola mirava a riversare sull’inquilino, soggetto cioè diverso da quello obbligato (il proprietario) «l’onere tributario relativo all’Ici e all’Imu» e quindi era palesemente in contrasto con il principio costituzionale (articolo 53) del concorso ala spesa pubblica in ragione della capacità contributiva e con l’articolo 79 della legge 392/78.

La Corte d’appello di Firenze aveva bocciato la tesi dell’inquilino e la III Sezione della Cassazione aveva già emesso al riguardo un’ordinanza interlocutoria (28437/2017) nella quale si evidenziava che comunque questo patto non rappresentava una traslazione dell’obbligo tributario ma una «mera integrazione» del canone di locazione dovuto. E ha evidenziato come la problematica fosse comunque estranea alle norme comunitarie.

Le Sezioni Unite, nella pronuncia di ieri, hanno richiamato le due sentenze (sempre delle Sezioni Unite) del 1985, n. 5 e 6445, che però interessavano le imposte dirette (che invece in questo caso restano interamente e direttamente a carico del locatore). Ma il principio sotto esame è quello se l’autonomia negoziale privata possa incidere sul quello della capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione. La sentenza 5/85 ha dichiarato nulla in termini generali una clausola che «riversi su un altro soggetto (...) il peso della propria imposta», mentre la 6445/85 ha chiarito che questa ipotesi no si verifica quando l’imposta sia stata pagata dal contribuente al fisco e la clausola abbia la funzione di integrare il «prezzo» della prestazione negoziale, cioè in pratica l’inquilino rimborsi al locatore-contribuente quanto pagato al fisco. Si tratterebbe quindi di due diverse componenti del canone contrattuale, una “di base” e l’altra a integrazione, a coprire le spese fiscali.

Le Sezioni Unite hanno quindi chiarito che, tra l’altro, per quanto riguarda l’Ici-Imu il patto traslativo non è vietato da specifiche norme (a differenza di altre imposte come il bollo e le imposte dirette). Il principio enunciato dalla sentenza 6445/85 va quindi ritenuto tuttora valido e la clasuola va intesa nel senso di «operare un rimborso» o «una diversa forma di pagamento» a carico dell’inquilino (tanto che questo importo viene fatturato).

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