Gestione Affitti

Affitto, come funziona la «clausola risolutiva espressa»

di Anna Nicola

La clausola risolutiva espressa può essere inserita in qualsivoglia contratto. Essa è prevista dall'art. 1456 c.c., il cui testo così dispone «I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva».
Con questa clausola le parti definiscono quali siano gli adempimenti talmente gravi da comportare lo scioglimento del rapporto, anche di obbligazioni che per il comune sentire hanno portata accessoria: il mancato adempimento di questa specifica obbligazione comporta la “risoluzione di diritto” del contratto quando la parte non inadempiente dichiara di avvalersene.
Si tratta di diritto potestativo di quest'ultimo di ottenere la risoluzione del contratto senza dover dimostrare l'importanza dell'inadempimento.
In base a questa pattuizione le parti stabiliscono ex ante -al momento della sottoscrizione del contratto- che il loro rapporto giuridico si può risolvere ove una o più specifiche obbligazioni non siano adempiute secondo le modalità individuate nel contratto.
In particolare, la clausola risolutiva espressa:
• dispensa il locatore dalla necessità di adire il giudice per chiedere la risoluzione del contratto;
• gli consente di risolvere stragiudizialmente il contratto con una semplice “dichiarazione”, indirizzata al conduttore (e quindi recettizia), di volersi avvalere della suddetta clausola; di conseguenza, se un giudizio vi sarà, esso tenderà all'accertamento della già avvenuta risoluzione e non alla sua produzione in forma di sentenza;
• fa sorgere a favore del creditore un diritto a provocare la risoluzione del contratto di locazione.
In presenza di una clausola risolutiva espressa avente ad oggetto il mancato puntuale pagamento del canone, il giudice non è più chiamato a valutare l'importanza dell'inadempimento: sarà sufficiente accertare che detto inadempimento sia imputabile al debitore.
Nelle locazioni abitative ci si è chiesti se questa clausola sia compatibile con gli artt. 5 e 55 L. n. 392/1978. Queste disposizioni prevedono una normativa speciale sull'individuazione della gravità dell'inadempimento (c.d. mora qualificata), in deroga alla valutazione discrezionale del giudice di cui all'articolo 1455 del codice civile nonché la possibilità della cd. sanatoria della morosità in sede giudiziale.
I nostri Giudici hanno in merito osservato che <<Nel regime delle locazioni soggette alla n. 392/1978,la clausola risolutiva espressa per il caso di mancato pagamento del canone alla scadenza stabilita non incorre nella nullità di cui all'articolo 79 L. citata, ma è destinata semplicemente a rimanere quiescente in relazione alla possibilità del conduttore di sanare in giudizio la morosità ai sensi dell'articolo 55 stessa legge; con la conseguenza che, ove quest'ultima disposizione non possa trovare applicazione (come nel caso in cui il locatore proponga un giudizio ordinario di risoluzione del contratto, di per sé incompatibile con la speciale sanatoria della morosità disciplinata dalla suddetta norma), la clausola risolutiva espressa può esplicare pienamente, fin dall'inizio, la sua efficacia>> (Cass. 9 febbraio 1998 n. 1316)
<<Con riguardo ai contratti soggetti alla disciplina sull'equo canone, l'efficacia della clausola risolutiva espressa, che sia stata pattuita, rimane sospesa, ancorché il locatore abbia dichiarato di volersene avvalere, sino alla prima udienza del giudizio instaurato dallo stesso locatore per la risoluzione della locazione con la conseguenza della definitiva inefficacia di detta clausola ove il conduttore in tale udienza sani la morosità>> (Cass. 1.1.1993 n. 11284).
La clausola risolutiva espressa non è vessatoria ex art. 1341 c.c., non occorre pertanto la sua duplice sottoscrizione (Cass. 28 giugno 2010 n. 15365).

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