Gestione Affitti

La morosità nell’affitto non si valuta a discrezione ma è predeterminata per legge

di Valeria Sibilio

In tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, se il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione, ha omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento non è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente ai sensi degli art. 5 e 55 della legge n. 392 del 27.07.1978. Lo ha chiarito il Tribunale di Roma nella sentenza 22659 del 2019, originata dall'intimo di sfratto per morosità notificato da una società nei confronti del proprio conduttore e la condanna di quest'ultimo al rilascio dell'immobile ed al pagamento dei canoni scaduti, ammontanti ad euro 6.000,00 per la morosità relativa alle dieci mensilità da giugno 2017 a marzo 2018, e per quelli fino alla data del rilascio, con vittoria di spese.
Il tribunale, esercitando il principio giurisprudenziale per cui in tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione sul quantum, abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento non è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente ai sensi degli art. 5 e 55 della legge n. 392 del 27.07.1978, ha applicato, in particolare, la norma contenuta nell'art. 5 della legge n. 392 del 27.07.1978, che dispiega la propria efficacia nell'ambito dei rimedi contro le patologie funzionali del contratto. Una norma che si configura come speciale rispetto a quella posta dall'art. 1455 c.c. in quanto permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto.
Dettando una presunzione assoluta di gravità dell'inadempimento, intende sottrarre alla discrezionalità del giudice l'apprezzamento della non scarsa importanza dell'inadempimento, ancorando tale valutazione a due presupposti oggettivi, uno di tipo quantitativo, consistente nel mancato pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone, ed uno di ordine temporale, dato dal protrarsi dell'inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori. Per il tribunale, il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'art. 1455 c.c., fissa un criterio di predeterminazione legale della gravità dell'inadempimento e ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori.
Non può, perciò, argomentarsi che il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio possa costituire sanatoria, escludendo che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all'introduzione della domanda di risoluzione contrattuale. La purgazione della mora infatti, successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell'intimazione di sfratto non è ostativa all'accertamento della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nell'ambito del giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo il pagamento dei canoni scaduti.
Nel caso specifico, l'invocazione dell'art. 55 legge 392/78 non è avvenuta, ma al contrario la parte intimata aveva deciso di formalizzare l'opposizione e proseguire nel giudizio di merito. In tema di sfratto per morosità, sussiste incompatibilità logica tra opposizione alla convalida e richiesta di sanatoria ex art. 55 l. n. 392 del 1978 che presuppone una non contestazione alla domanda del locatore, cui infatti il conduttore moroso ammesso al beneficio deve corrispondere non solo il capitale e gli interessi, ma anche l'importo della spese processuali. L'inadempimento del conduttore configura, inoltre, una alterazione delle regole contrattuali, tali da determinare la risoluzione del contratto. Il pagamento del canone costituisce, infatti, la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal pagamento del corrispettivo e neppure ritardarne la corresponsione e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, così come il ritardo dello stesso, legittima l'applicazione dell'art. 1460 c.c. solamente quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte che si sostanzia nel consentire il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto di locazione.
Il Tribunale di Roma, perciò, ha dichiarato risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione tra le parti, condannando la parte intimata al pagamento, in favore della parte attrice, dei canoni intimati scaduti e non pagati, ammontanti ad euro 6.000,00 alla data dell'intimazione, nel mese di marzo 2018, oltre a quelli maturati sino alla materiale riconsegna dell'immobile nel mese di ottobre 2018, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo ed al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, ed euro 2.000,00 per compensi, oltre oneri di legge.

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