Gestione Affitti

Affitto, per il rimborso dall’inquilino il locatore deve provare di aver pagato le spese

di Selene Pascasi

Nel corrispettivo pattuito per locare un appartamento, sono normalmente compresi gli oneri accessori condominiali. Tuttavia, se l'inquilino contesti che il proprietario abbia realmente sopportato le spese di cui chiede il rimborso sarà il proprietario stesso a dover provare di averne diritto. Lo puntualizza il Tribunale di Milano con sentenza n. 9533 del 16 ottobre 2018.
Ad accendere la lite, è una s.r.l. che – come conduttrice di un locale – chiede al giudice di condannare la s.p.a. titolare dell'immobile a restituirle quanto sborsato per uscite accessorie indebitamente percepite. La proprietaria, a suo avviso, aveva continuato ad incassare (trattenendo acconti mai conguagliati) somme corrisposte per la tassa rifiuti che, però, la società aveva saldato direttamente al comune.
Pronta la difesa della convenuta: quei soldi non li aveva intascati per oneri accessori ma per compensare l'indennità di occupazione e i danni economici subiti considerato che, cessato il contratto dietro regolare disdetta, si era vista costretta a mobilitare la forza pubblica per ottenere il rilascio del bene e a ripresentare un nuovo permesso di demolire essendo ormai scaduta la Dia già ottenuta. Non solo. Secondo l'avvocato della locatrice, l'azione era comunque prescritta perché esercitata in netto ritardo ossia decorso il semestre dal rilascio.
Il Tribunale, però, non concorda e accoglie la domanda dell'inquilina. Intanto, sottolinea, la proprietaria non aveva effettivamente sostenuto alcun onere accessorio né aveva erogato servizi ulteriori al conduttore per il periodo dedotto in causa. Ed è noto che, come marcato dalla Corte di cassazione con pronuncia n. 20348/2010, «qualora il conduttore contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso incombe al locatore stesso» ai sensi dell'articolo 2697 del Codice civile «dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali comprendono l'esistenza, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto».
Peraltro, è nulla – per l'articolo 79 della legge n. 392/1978 – la clausola contrattuale che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori anticipatamente determinati in modo forfetario, perché viola il principio della specificità di essi e consente al locatore di procurarsi vantaggi che non gli spettano. In altre parole, in tema di locazione degli immobili urbani anche se adibiti ad uso non abitativo, non è legittimo neppure per volontà di entrambe le parti svincolare il pagamento delle spese dal concreto godimento dei servizi. Ecco che, se dette forniture non esistano non sarà dovuto alcun corrispettivo, nonostante sia stato previsto in contratto. Di conseguenza, lo annota la Corte di cassazione con sentenza n. 5795/2017, un eventuale accordo contrario sarà affetto da nullità rilevabile d'ufficio e in ogni tempo.
Soluzione che, chiarisce il Tribunale di Milano, non muta nell'ipotesi in cui le somme per inesistenti oneri accessori vengano corrisposte nel periodo di occupazione protrattasi dopo la scadenza contrattuale. Per quel lasso temporale, del resto, nella vicenda non risultava che le parti avessero stretto sui canoni pattuizioni diverse da quelle originarie. Così, se nella nozione di “corrispettivo convenuto” dettata dall'articolo 1591 del Codice civile va usualmente inclusa ogni obbligazione pecuniaria pattuita, e quindi anche gli oneri accessori condominiali (Corte di cassazione civile, n. 17201/2002), anche per il «periodo di occupazione senza titolo il conduttore è tenuto a versare sempre i canoni e rimborsare gli oneri condominiali ove effettivamente sostenuti secondo gli ordinari criteri valevoli nel corso della locazione, salvo l'eventuale maggior danno». D'altronde, conclude il giudice circa la responsabilità da ritardato rilascio dell'immobile locato, il maggior danno deve essere provato in concreto dal locatore che può ricorrere a presunzioni. Ma questi, a conti fatti, aveva dato «sostanziale acquiescenza» procrastinando ogni iniziativa per riottenere il locale. Da escludersi, allora, i presupposti per addebitare all'inquilina i danni da ritardato rilascio. Di qui, la condanna della proprietaria, vista l'infondatezza che dell'eccezione di prescrizione decennale, al pagamento di circa 13 mila euro per ripetizione d'indebito.

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