Gestione Affitti

L’affitto breve premiato in centro

di Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste

Stile ricercato, dimensione giusta e zona centrale o ben servita dai mezzi pubblici. Sono le tre variabili che spingono la redditività degli affitti brevi nelle grandi città italiane. Fino a raddoppiare o triplicare quella delle locazioni “lunghe” (il classico 4+4).

Un monolocale a Roma, vicino alla stazione Termini, si può affittare a 85 euro a notte, contro un canone mensile di 800 euro. Considerando il tasso di occupazione dell’appartamento, le imposte e le altre spese a carico del proprietario, si arriva a un rendimento di 469 euro con la formula lunga e 1.059 euro con la breve. Per un bilocale all’interno delle mura fiorentine, con vista sull’Arno, il divario è ancora più netto: da 521 a 1.818 euro al mese.

È il risultato di un’elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì su dati di mercato forniti da Sweetguest, società specializzata nella gestione degli affitti brevi. I numeri, però, dimostrano anche che la bilancia non pende sempre dalla stessa parte. Restiamo a Firenze: per un un bilocale nei pressi dello stadio vince chiaramente l’affitto “4+4” (523 euro al mese contro 325). Perché? A parità di canone “lungo” rispetto all’abitazione in centro, qui a crollare è la redditività del “breve”: sia come prezzo a notte (da 130 a 65 euro), sia come occupazione (dal 90 al 50% delle notti).

«In centro città l’affitto breve funziona di più», spiegano Edoardo Grattirola e Rocco Lomazzi, fondatori di Sweetguest. Lo dimostra il confronto sui due appartamenti milanesi. Se in un prestigioso quadrilocale di zona Indipendenza, non lontano da piazza San Babila, conviene il breve termine (2.880 euro al mese contro i 1.437 del lungo), l’inverso avviene in zona Fiera. Dove, per un tipico bilocale, un contratto di 12 mesi è preferibile a tante micro-locazioni di poche notti (e comunque inferiori per legge ai 30 giorni): 673 anziché 501 euro. Anzi, in questo caso il divario è tutto sommato contenuto dalla vicinanza della metro (che aiuta il breve).

Quanto alle altre caratteristiche vincenti, rilevano ancora Grattirola e Lomazzi, «un alloggio, per “vendere bene”, deve avere uno stile ricercato ed essere stato rinnovato di recente. Dopotutto, ai turisti si vende la foto su internet». E anche se i più presenti sui siti specializzati come Airbnb sono i mono e i bilocali, i migliori rendimenti si ottengono con metrature maggiori: «Contrariamente a ciò che si pensa gli alloggi medio-grandi performano meglio, a patto di non affittarne le singole stanze».

Di certo, l’interesse dei proprietari è forte, come conferma Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia: «Ci arrivano molte richieste dalle sedi territoriali, in particolare dalle grandi e medie città turistiche». L’associazione, però, si sta muovendo su un doppio livello: «Da un lato, invitiamo i proprietari a non sottovalutare il potenziale degli affitti brevi nelle zone “dimenticate”, dove magari non c’è neppure un mercato degli affitti lunghi; dall’altro, li aiutiamo ad analizzare la redditività caso per caso». L’affitto breve azzera sì la morosità, ma deve fare i conti con il tasso di occupazione e con maggiori costi: dalle utenze alle commissioni al gestore (se non si sceglie il fai-da-te), fino alla tassa rifiuti (in molte città applicata con la tariffa delle utenze per case vacanze).

Rendimenti e bassi rischio di contenzioso stanno dunque orientando il mercato degli affitti, grazie alla leva della domanda turistica. «Dal punto di vista degli acquisti di seconde case, invece, è vero che la componente di investimento è passata dal 6% del 2017 al 16% del primo semestre 2018», sottolineano gli analisti di Nomisma. «Ma questo segno di interesse non si è ancora tradotto in un aumento dei valori: il potenziale di redditività del “breve” non è stato ancora incorporato in modo evidente nei prezzi degli immobili».

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