Gestione Affitti

Affitti concordati: formula che conviene a proprietari e inquilini

di Cristiano Dell’Oste

Sono più usati nelle grandi città, ma negli ultimi tempi molti proprietari ne hanno scoperto la convenienza anche nei centri minori. Parliamo dei contratti di locazione a canone concordato. Una formula che punta a far quadrare il cerchio, offrendo all’inquilino un canone calmierato e incentivando il locatore con un pacchetto di sconti fiscali variabili a seconda del Comune.

Un canale in crescita

Nei Comuni ad alta tensione abitativa (quelli in cui l’uso dei concordati è più frequente), l’anno scorso ogni 100 locazioni di lunga durata sono stati stipulati 47 contratti di questo tipo, di cui solo 13 nelle otto città più grandi. Lo dice il Rapporto immobiliare 2018 dell’Omi, che evidenzia come il canale concordato abbia ormai sorpassato quello libero a Roma (circa 23mila contratti rispetto a 20.500) e sia di fatto alla pari a Torino, Bologna e Firenze. Agli estremi opposti Genova, dove quasi l’80% delle locazioni è agevolato, e Milano (solo il 6%).

Le differenze dipendono in larga parte – anche se non solo – dalle intese locali tra associazioni della proprietà edilizia e sindacati degli inquilini, che stabiliscono il livello di canone applicabile. Spesso gli accordi assegnano una sorta di pagella all’abitazione in base alle sue dotazioni (ad esempio, ascensore, balconi, prestazione energetica e così via) e arrivano – considerando anche il quartiere e la dimensione della casa – a fissare una cifra minima e massima, espressa in euro al metro quadrato all’anno.

Gli accordi rinnovati

Dopo il varo del decreto ministeriale Infrastrutture-Economia del 16 gennaio 2017, che ha recepito la nuova convenzione nazionale, in molti Comuni sono stati rinnovati gli accordi locali. Da Firenze a Ferrara, da Lecce a Legnano, da Alessandria ad Avellino, le firme sono molte. Comunque, la regola è semplice: finché non viene depositata la nuova intesa, i contratti possono essere stipulati seguendo quella vecchia, sia sotto il profilo normativo, sia sotto quello economico (né, dopo il deposito, è necessario modificare i contratti già firmati).

Per i contratti stipulati in base alle nuove intese, uno degli aspetti cui fare maggiore attenzione è l’obbligo di acquisire un’attestazione quando le parti hanno redatto la locazione senza l’assistenza delle associazioni di categoria. In pratica, se le parti hanno seguito il fai-da-te, serve una bollinatura (non prevista sotto il regime del Dm 30 dicembre 2002).

Tra crisi e cedolare al 10%

Con la cedolare secca al 19% e l’arrivo dell’Imu, i contratti agevolati erano finiti un po’ in secondo piano, anche perché le agevolazioni Ici erano state cancellate con un tratto di penna.

La cedolare al 10%, unita alla riduzione del 25% di Imu e Tasi, li ha rilanciati. E anche la crisi ha giocato un ruolo rilevante, perché in molte città ha ridotto la forbice tra i canoni di mercato (diminuiti anche del 20%) e i canoni concordati (rimasti fermi entro il range minimo e massimo dettato dalle singole intese). Secondo le Statistiche fiscali delle Finanze, dal 2011 al 2016 i locatori che hanno scelto la cedolare ridotta su contratti agevolati si sono sono moltiplicati per nove: da 65mila a quasi 592mila.

Proprio la contrazione dei canoni di mercato, del resto, potrebbe rendere appetibile il canale agevolato anche in alcuni Comuni fuori dalla lista di quelli ad alta tensione abitativa, per sfruttare (quanto meno) le agevolazioni Imu e Tasi.

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