Gestione Affitti

Affitto: canone nascosto, contratto nullo

di Luana Tagliolini

Insanabilmente nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato.
Il principio di diritto è stato applicato dalla Corte di Cassazione al caso riguardante un conduttore che convenne, innanzi al Tribunale, il locatore dell'immobile per chiedere la restituzione dei canoni di locazione versati in misura maggiore rispetto al canone convenuto nonché del deposito cauzionale (Corte di Cassazione, ordinanza n. 16175/2018).
Il Tribunale adito rigettò la domanda, accogliendola nei limiti del deposito cauzionale. Avverso detta sentenza il conduttore propose appello che venne accolto dalla Corte di merito, condannando l'appellato al pagamento della somma di Euro 50.921,24 oltre interessi.
Osservò la corte territoriale per quanto qui rileva, che il contratto dissimulato era privo di forma scritta, laddove trattandosi di contratto di durata decennale era prevista la forma scritta (art. 1350 n. 8 cod. civ.), nonché di registrazione, e che in mancanza di forma scritta non poteva ritenersi provata la convenzione dissimulata di maggiorazione del canone.
Ha proposto ricorso per cassazione il locatore sostenendo che l'articolo 1350 del codice civile abilita le parti alla stipulazione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo in forma orale e che il contratto simulato non produce effetti tra le parti.
I supremi giudici rigettano il ricorso e lo motivano richiamando i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 23601/2017) le quali hanno precisato che l'accordo simulatorio, diretto a nascondere la pattuizione di un canone locatizio maggiore rispetto a quello registrato, è finalizzato all'evasione fiscale ed all'elusione della norma tributaria relativa all'obbligo di registrazione dei contratti di locazione, da considerarsi, come rilevato dalla Corte costituzionale, come una norma imperativa.
Dunque, tale patto, è affetto da nullità, sia per violazione del quantum parziale dell'importo registrato, sia per violazione di una norma imperativa.
Trattandosi di un vizio genetico del contratto, e non di un inadempimento successivo alla sua stipulazione, è possibile ravvisare un'ipotesi di nullità virtuale, insanabile ai sensi dell'art. 1423 codice civile.
La Corte di Cassazione, nella fattispecie in esame, uniformandosi a tali principi, ha precisato che la sanzione di nullità sancita dall'art. 79 della l. n. 392 del 1978, tradizionalmente intesa come volta a colpire le sole maggiorazioni del canone previste “in itinere” e diverse da quelle consentite “ex lege”, <<deve, invece, essere letta nel senso che il patto di maggiorazione del canone è nullo anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale, del rapporto>>.
Pertanto, ha dichiarato insanabilmente nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato, a prescindere dall'avvenuta registrazione. (Corte di Cassazione, ordinanza n. 16175 cit.).

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