Gestione Affitti

Affitti commerciali, la morosità quinquennale è «grave inadempimento»

di Selene Pascasi

In relazione alla domanda di risoluzione di un contratto di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il criterio legale per determinarela gravità dell'inadempimento, pur non trovando diretta applicazione, potrà valere da parametro di valutazione del grado di rilevanza della violazione commessa dal conduttore. Si riterrà certamente grave, ad esempio, la totale omissione dei pagamenti degli ultimi cinque anni dei canoni.
Lo precisa il Tribunale di Roma, con sentenza n. 5168 del 9 marzo 2018. Ad aprire la causa, è l'intimazione di sfratto per morosità, con richiesta di risoluzione del contratto, condanna al rilascio e al pagamento dei canoni insoluti, che l'Ater capitolino rivolge alla Onlus che aveva condotto ad uso commerciale un suo immobile.
La Onlus, però, si difende: gli importi richiesti erano in parte prescritti e, comunque, non aveva mai ricevuto atti di intimazione idonei ad interrompere la prescrizione. Al più, le si potevano pretendere le somme antecedenti il quinquennio dall'intimazione. Come conduttrice, poi, aveva apportato significative migliorie al bene per un valore complessivo superiore al reclamato. Si sarebbe potuto optare, dunque, per una compensazione di quanto dovuto a titolo di canone di locazione e i costi delle opere effettuate. Tesi bocciata dal Tribunale che, accolte le richieste dell'istituto, dichiara risolto il contratto di locazione per grave inadempimento della Onlus, condannandola al saldo del dovuto e al rilascio dell'immobile. E' noto – ricorda – che nell'ipotesi di inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento sia tenuto a provare solo la fonte (negoziale o legale) del diritto reclamato, il relativo termine di scadenza e l'inadempimento del debitore. A questi, invece, spetterà il carico probatorio più pesante, ossia la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto corretto adempimento. Riparto identico, anche ove si sollevi eccezione di inadempimento o l'istante deduca l'inesatto adempimento (Cassazione n. 826/2015).
Ebbene, nella vicenda, l'Ater – allegando il contratto di locazione – aveva assolto l'onere probatorio, attestando la sussistenza del titolo fondante la sua pretesa. Di contro, la Onlus non aveva dimostrato né l'esattezza né la completezza del proprio adempimento. Ancora, in punto di prescrizione, vi era stata una diffida al pagamento dei canoni pendenti, inviata con raccomandata regolarmente ricevuta dal destinatario e, quindi, valida come atto interruttivo recettizio spiegante effetti giuridici dal momento della ricezione. Negata, anche la compensazione del debito con gli importi presumibilmente dovuti alla conduttrice per i lavori di ristrutturazione compiuti.
Del resto, il contratto locatizio “parlava” chiaramente di uno stato del bene «adatto all'uso per il quale viene affittato» e prevedeva che tutte le eventuali opere di miglioria e adattamento sarebbero restate senza indennizzo a favore dell'istituto. Il conduttore, peraltro, si era obbligato ad effettuare, previa approvazione tecnica scritta, i lavori di adattamento funzionale richiesti dalle leggi e dai regolamenti vigenti in materia di igiene pubblica e sicurezza. Inevitabile, allora, la risoluzione per grave inadempimento, anche considerato che – nel “pesarne” la gravità – benché il criterio legale di predeterminazione non abbia diretta applicazione per i contratti non abitativi, varrà da parametro di valutazione per stabilire se, in concreto, l'inadempimento del conduttore sia stato o meno di scarsa importanza. E nella fattispecie, la totale omissione dei pagamenti negli ultimi cinque anni non poteva non dirsi grave e, perciò, tale da imporre il rilascio dell'immobile.

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