Gestione Affitti

Affitto, non conta la mancanza dell’agibilità se l’inquilino ha cominciato a usare il bene

di Valeria Sibilio

Il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative, relative alla abitabilità dei beni immobili, non è di ostacolo ad una valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, una concreta utilizzazione del bene. L'ordinanza della Cassazione n°7931 del 2018 ha trattato un caso originato dal ricorso in giudizio di primo grado di un inquilino nei confronti di coloro i quali si erano obbligati a concedergli, con scrittura dell'8 maggio 1988, dei locali in locazione ad uso diverso dall'abitazione. Il ricorrente era stato incaricato dai convenuti di occuparsi dell'agibilità dei medesimi con richiesta di una nuova concessione edilizia. Successivamente, le parti avevano redatto una scrittura integrativa con la quale stabilivano in diciott'anni la durata della locazione, determinavano il canone mensile in lire 600.000 e stabilivano che la decorrenza del rapporto fosse subordinata al rilascio dell'agibilità dei locali ed all'esecuzione dei lavori necessari a questo fine. I promittenti lo avevano, in seguito, diffidato dal sottoscrivere il contratto definitivo. Il ricorrente, dopo aver scoperto che i convenuti avevano consentito l'insediamento nei locali di un'altra società, chiedeva la loro condanna al risarcimento dei danni subiti per non aver potuto aprire l'ufficio per l'esercizio della professione di ingegnere. Costituendosi in giudizio, i convenuti resistevano alla domanda, disconoscendo la sottoscrizione in calce alla scrittura integrativa, eccependo l'inadempimento degli obblighi assunti dal ricorrente con l'originario contratto chiedendone la risoluzione. Le domande venivano rigettate sia in primo grado che nel successivo ricorso in secondo grado.
Per la Corte d'appello, appurato che i coniugi proprietari (convenuti) avevano acconsentito alla modifica della destinazione d'uso dei locali promessi in locazione e che effettivamente tale modifica era stata consentita dal Comune con concessione rilasciata il 14/7/1989, dopo la stipula del preliminare, la pretesa degli stessi di attivare il rapporto locatizio era del tutto legittima, in quanto l'immobile poteva essere locato, non rilevando che il ricorrente desiderasse soddisfare altre esigenze che richiedessero modifiche alla detta concessione. Inoltre, il tenore della scrittura integrativa non evidenziava modifiche a quella precedente, limitandosi ad un ipotetico contenuto del nuovo contratto di locazione da stipularsi in seguito, ma mai attuato.
Nel ricorso in Cassazione, per l’inquilino (ricorrente) la Corte territoriale non aveva considerato l'obbligo che incombe sul locatore di ottenere, dall'autorità competente, il certificato di agibilità e di aver omesso il bilanciamento fra i diritti delle parti nel rapporto di locazione, avendo valorizzato la sola posizione della parte promittente locatrice senza acquisire gli elementi, documentati in atti, relativi alla mancanza dell'agibilità. Per il ricorrente, la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere infondata la pretesa della controparte di procedere alla stipula del contratto di locazione definitivo essendo chiaro che all'atto della missiva di diffida non sussisteva l'agibilità e che i promittenti erano obbligati a ottenerla.
Per la Cassazione, i primi due motivi sono risultati inammissibili ed infondati, in quanto muovono da premesse fattuali che non emergono dalla sentenza impugnata, la quale invece esprime sul punto un accertamento diverso secondo cui, una volta prestato il consenso alla richiesta modifica della destinazione d'uso dei locali e una volta ottenuta in tal senso nuova concessione edilizia, nessun altro adempimento condizionava la stipula del definitivo.
Inoltre, nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, destinati ad una attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi, l'inadempimento del locatore può configurarsi quando la mancanza di tali titoli dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, così da impedire il rilascio degli atti amministrativi necessari.
Inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, in quanto mancante della specifica indicazione del fatto controverso oggetto di discussione tra le parti, il cui mancato esame sarebbe decisivo ai fini dell'esito del giudizio.
La Cassazione ha, perciò, dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

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