Gestione Affitti

Più appeal per gli affitti concordati

di Cristiano Dell’Oste e Valeria Uva

La formula dell’affitto a canone concordato guadagna terreno. Sfruttando i rinnovi delle intese locali e la cedolare secca con aliquota al 10%, sono sempre di più i proprietari che scelgono il canale agevolato.

Nelle dichiarazioni dei redditi presentate l’anno scorso (anno d’imposta 2016) il numero dei contribuenti che hanno optato per la flat tax ridotta è cresciuto del 28,8%, contro un incremento del 10,9% dei soggetti che l’hanno applicata sui contratti a canone libero (per il grafico con i dati cliccare qui ). Nell’arco di sei anni, i locatori del canale agevolato sono moltiplicati per nove: dai 65mila del 2011 ai quasi 592mila del 2016. Insomma, un numero crescente di proprietari pare aver trovato vantaggioso il trade-off dei contratti concordati: un canone non superiore ai livelli fissati dall’intesa locale in cambio di sconti sull’Imu e la Tasi (imposta ridotta del 25% più eventuali aliquote ridotte decise dal Comune) e sulla tassazione dei canoni (cedolare al 10% anziché al 21% o deduzioni forfettarie del 30% su Irpef e registro).

A favorire la diffusione di questi contratti contribuisce il lavoro di revisione degli accordi locali, che le associazioni di proprietari e inquilini stanno compiendo sul territorio. A un anno di distanza dall ’arrivo delle nuove regole – il Dm del 16 gennaio 2017 che ha recepito la convenzione nazionale è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 15 marzo 2017 – sono quasi 100 le intese locali rinnovate, che “coprono” oltre 500 Comuni su tutto il territorio italiano. Molti accordi, infatti, inglobano in un’unica intesa molti centri della Provincia:  quello di Bologna vale per 60 Comuni, quello di Udine addirittura per 135. Proprio nei giorni scorsi hanno firmato, tra gli altri, Cagliari, Assisi, Fermo, Ferrara e Pisa (per le schede riassuntive degli accordi locali principali cliccare qui ).

L’effetto dei rinnovi

Il rinnovo di un accordo locale non implica automaticamente una maggiore diffusione dei contratti a canone concordato, perché la “spinta”, in ultima analisi, dipende dall’entità dello sconto rispetto ai canoni di mercato, che il proprietario deve accettare. Ma certo l’aggiornamento delle intese può rimediare al mancato allineamento all’inflazione di accordi che in alcuni casi sono fermi da oltre dieci anni: ad esempio, 500 euro del 2009 dovrebbero essere 552 per mantenere la parità di potere d’acquisto.

Più in generale, la nuova intesa di solito fotografa in modo più nitido l’evoluzione del mercato locale delle locazioni, che – tipicamente – ha sofferto della crisi più in periferia che nelle zone centrali. Con il risultato che, in base ai nuovi accordi, la formula concordata può tornare conveniente anche per abitazioni o zone in precedenza escluse.

Il Rapporto immobiliare 2017, pur limitandosi agli otto centri maggiori, fotografa il differente appeal del canale concordato sui contratti di nuova registrazione. Nel 2016 i contratti a canone concordato (conteggiando anche la “sottospecie” per studenti) sono stati il 74% dei contratti “lunghi” registrati a Genova, il 52% a Bologna e il 48% a Torino e Firenze. In tutti e quattro questi Comuni le intese sono state riviste e c’è da aspettarsi che la diffusione dei contratti agevolati resti elevata.

All’appello dei rinnovi mancano ancora Roma e Milano (dove peraltro l’accordo in vigore è stato riscritto nel 2015). Ma se nella Capitale un contratto su due è a canone concordato (24.500 su 46.500), a Milano la percentuale si ferma ancora al 6%. D’altra parte anche i dati regionali sullo opzioni per la cedolare secca al 10 e al 21% confermano lo scarso utilizzo delle locazioni agevolate in Lombardia (si veda il grafico).

La proroga della cedolare

L’altro grande incentivo al canale concordato è quello delle agevolazioni fiscali, che ha visto la proroga fino a fine 2019 della cedolare secca al 10% da parte dell’ultima legge di Bilancio. Un segnale importante (pur nella sua precarietà): basti pensare che quando l’aliquota è stata abbassata dal 15 al 10% nel 2014 i proprietari che hanno scelto questo regime sono quasi raddoppiati: da oltre 165mila a 311mila.

La proroga della flat tax vale anche per i Comuni colpiti da calamità per i quali è stato dichiarato lo stato d’emergenza nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014. Una finestra temporale che l’ultima legge di Bilancio non ha modificato.

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