Gestione Affitti

Già 500 città «coperte» da nuovi accordi locali

di Raffaele Lungarella

Il rinnovo degli accordi territoriali fa aumentare anche le possibilità di applicazione del canone concordato. Con la firma, lo scorso 3 aprile, dell’intesa relativa a Cagliari sono saliti a circa 500 i Comuni in cui si applicano i nuovi accordi territoriali sugli affitti agevolati, conformi al decreto ministeriale delle Infrastrutture (di concerto con l'Economia) del 16 gennaio 2017.

Il decreto, che sostituisce quello di 16 anni fa (Dm 30 dicembre 2002), ha definito i criteri generali degli accordi locali tra associazioni degli inquilini e dei proprietari degli immobili, per la stipula dei contratti di locazione a canone concordato, di quelli di locazione transitoria e dei contratti di affitto per universitari disciplinati dalla legge 431/1998 sulla locazione delle abitazioni.

La cornice entro cui dovrebbero svolgersi le negoziazioni a livello territoriale è il frutto di un accordo tra le rappresentanze nazionali delle categorie interessate. Da un’elaborazione del Sole 24 Ore del lunedì risulta che i Comuni nei quali gli accordi sono stati rinnovati costituiscono quasi il 40% degli oltre 1.300 censiti dal Sunia nel suo sito.

Finora la firma sul testo di un nuovo accordo è stata posta solo su otto capoluoghi di Regione (si vedano le schede a fianco). Tra di loro gli accordi hanno una struttura in gran parte simile. Le differenze riguardano soprattutto i livelli dei canoni e le caratteristiche costruttive degli alloggi considerati per la loro definizione. Ad Assisi, ad esempio, la classificazione dell’alloggio in una classe energetica elevata consente al proprietario di ottenere un incremento del canone, mentre la sua collocazione nello standard più basso permette all’inquilino di ottenere uno sconto sul canone mensile. La prestazione energetica dell’immobile è un fattore rilevante anche in altri Comuni, come per esempio Jesolo e Sesto San Giovanni.

Una sottolineatura merita il riferimento, contenuto nell’accordo di Torino, alla necessità anche di non trascurare, nella definizione dei canoni concordati, la situazione locale del mercato degli affitti e il livello dei canoni di mercato.

Nelle province di Treviso, Udine, Pordenone, Siracusa, Bologna, Ravenna e Modena gli accordi rinnovati si applicano al Comune capoluogo e a tutti i Comuni della provincia, quindi anche a quelli non classificati ad alta tensione abitativa.

In effetti la stipula di contratti a canone concordato è possibile in tutti i Comuni italiani, anche se non rientrano nell’elenco di quelli ad alta tensione abitativa, predisposto nel lontano 2004 dal Cipe. Per quelli nei quali non sono stati sottoscritti accordi territoriali tra le sigle della proprietà e degli inquilini, il Dm del 2017 conferma la procedura definita con il Dm interministeriale 14 luglio 2004, che consente di rifarsi all’accordo vigente nel Comune «demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale», anche situato in un’altra Regione.

La sottoscrizione degli accordi consente però di stabilire livelli di affitto e condizioni contrattuali più aderenti alle situazioni dei singoli paesi, e può dare, ai proprietari degli alloggi, maggiore certezza sulla possibilità di beneficiare degli incentivi previsti a livello locale per chi affitta a canone concordato.

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