Gestione Affitti

Lite sugli affitti non pagati, l’opposizione al decreto ingiuntivo va fatta con ricorso

di Rosario Dolce

L'opposizione a decreto ingiuntivo in tema di canoni deve essere resa con la forma del “ricorso”, per inerenza del credito azionato a rapporto di locazione, ricadente, in base all’articolo 447-bis del codice di procedura civile, nell'ambito delle controversie per le quali è prescritto il rito speciale del lavoro (ai sensi degli articoli 409 e seguenti dello stesso codice). Ove si provveda, invece, con la forma dell' “atto di citazione”, l'impugnazione deve essere non solo notificata ma anche depositata nel termine di quaranta giorni dalla ricezione del provvedimento monitorio, a pena d'inammissibilità.
Sotto tale ultimo profilo, la Corte Costituzionale con Sentenza 45 del 7 febbraio 2018 ha stabilito che le preclusione processuale in disamina non può che ritenersi legittima, essendo, il meccanismo delle “forme” previsto per gli atti processuali frutto di una scelta operata dal Legislatore e, in quanto tale, insindacabile da parte della giurisdizione.
Più partitamente, la vicenda prende spunto dalla questione di legittimità costituzionale sollevata da parte del Tribunale di Verona innanzi al Giudice delle Leggi, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111.
L'adito decidente scaligero, chiamato a pronunciarsi sull'eccezione di tardività dell'opposizione – in quanto il deposito effettuato dell'atto di citazione era avvenuto oltre il termine perentorio (di 40 giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo) di cui all'art. 641 codice procedura civile - si domandava se fosse legittima l'interpretazione giurisprudenziale dell'articolo 426 Codice di Procedura civile orientata verso la relativa inammissibilità, laddove consolidatasi in termini di “diritto vivente”.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza in disamina, risponde al quesito sollevato legittimando la giurisprudenza che si è consolidata sul merito. Ed invero, la Corte di cassazione, in sede di esegesi del predetto art. 426, è, da data risalente, ferma nel ritenere che la citazione può produrre gli effetti del ricorso solo se sia depositata in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 codice procedura civile, non essendo sufficiente che, entro tale data, sia stata notificata alla controparte (da ultimo, sezione sesta civile, ordinanze 19 settembre 2017, n. 21671 e 29 dicembre 2016, n. 27343; sezioni unite civili, sentenza 23 settembre 2013, n. 21675; in precedenza, ex plurimis, terza sezione civile, sentenza 2 aprile 2009, n. 8014; e sezione lavoro, sentenza 26 marzo 1991, n. 3258). In tal senso l'esegesi dell'art. 426 codice procedura civile si è ormai consolidata come “diritto vivente”.
La Corte ha già avuto, peraltro, anche occasione di affermare che la diversa disciplina dell'opposizione a decreto ingiuntivo nel rito ordinario e in quello del lavoro (applicabile anche alle controversie in materia di locazione) «è giustificata […], essendo finalizzata alla concentrazione della trattazione ed alla immediatezza della pronuncia» (ordinanza n. 152 del 2000, che richiama la precedente ordinanza n. 936 del 1988) e che «il principio della legale conoscenza delle norme […] non può non valere quando la parte si avvalga, come nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, del necessario patrocinio del difensore, ben in grado di desumere la causa petendi dagli atti notificati alla parte» (ordinanza n. 152 del 2000, che richiama le sentenze n. 347 del 1987 e n. 61 del 1980).
La questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice veronese è stata, dunque, dichiarata inammissibile, in quanto la materia trattata, a fronte delle normative processuali richiamate in Sentenza, è stata considerata ad esclusivo appannaggio del legislatore.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©