Gestione Affitti

Premiati gli alloggi in zone ben collegate

di C.D.O. e B.L.M.

Possibilità di guadagni, flessibilità della locazione e soprattutto assenza di morosità. Spinti da queste motivazioni, molti proprietari prendono in esame la strada dell’affitto breve. Ma stimare la convenienza di questa opzione rispetto alle formule più tradizionali dell’affitto lungo (4+4 o 3+2 per il canone concordato) è tutt’altro che facile.

Le variabili da considerare sono molte. In cima alla lista ci sono il canone giornaliero e il tasso di occupazione dell’immobile. Particolare attenzione va prestata al rischio di “sfittanza”. Su entrambi incide innanzitutto il luogo in cui si trova l’immobile e i flussi di visitatori che può attirare. Centri storici di città d’arte e località turistiche montane o marittime sono favoriti. Ma l’affitto breve non riguarda solo chi viaggia per turismo e può funzionare anche nei dintorni di ospedali e case di cura (per ospitare i parenti di chi è ricoverato) o nelle zone fieristiche e commerciali. Contano anche le dimensioni dell’immobile: l’affitto breve è spesso preferito dalle famiglie che cercano spazi più ampi e uso della cucina.

La valutazione deve però essere molto attenta perché non tutti gli immobili si prestano alla locazione breve. Dirimenti sono, ad esempio, i collegamenti logistici. Anche in una città d’arte, un appartamento collocato in zone mal collegate con il centro potrebbe risultare poco appetibile .

Al di là dei guadagni, a pesare sulla scelta dei proprietari è spesso l’assenza del rischio morosità. Un timore sempre più diffuso, vista la crescita del fenomeno, e le difficoltà per recuperare il possesso dell’immobile passando attraverso le insidie del procedimento di sfratto (tempi lunghi, costi legali e l’onere di pagare le imposte sul canone “teorico” fino alla convalida dello sfratto).

Altro fattore è la flessibilità: l’affitto breve permette di non legarsi per periodi lunghi (4+4 o 3+2 con il canone concordato), di riservarsi l’utilizzo della struttura per alcuni periodi l’anno e di mettere a reddito un immobile in attesa di essere venduto. Ma bisogna riflettere anche sugli svantaggi: il proprietario si deve far carico di spese che nella formula tradizionale spettano all’inquilino (tassa rifiuti, spese condominiali ordinarie e utenze). Soprattutto, il proprietario deve occuparsi della gestione. Un lavoro complesso che va dagli annunci sui canali online (che non basta inserire ma bisogna aggiornare e tradurre: il 79% degli ospiti tramite Airbnb sono stranieri) alle risposte ai clienti, alla pulizia, all’accoglienza e alla risposta a a tutte le esigenze e problematiche che possono sorgere durante il soggiorno. L’alloggio deve poi essere sempre “a posto”: fornito di tutti gli utensili (che se rotti o rovinati vanno sostituiti), con elettrodomestici funzionanti
e così via.

Attenzione anche agli adempimenti burocratici. Oltre a quelli nazionali come la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza e la riscossione della tassa di soggiorno (che in alcune grandi città è eseguito direttamente da Airbnb), ci sono anche gli adempimenti regionali.

Va poi stimata con precisione l’incidenza della fiscalità: avere o no la cedolare secca può fare la differenza.

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