Gestione Affitti

Contratti d’affitto, negozi senza cedolare

di  A. Lo.

Dal punto di vista fiscale e contrattuale, ci sono pochi “spazi di manovra” per chi desidera effettuare un investimento in un locale commerciale. Nonostante le richieste di alcune associazioni del settore (come Fiaip o Confedilizia) il Governo nell’ultimo documento di bilancio non ha esteso anche ai negozi il regime della cedolare secca, che oggi si può scegliere per i redditi da locazione delle abitazioni (forfait del 10% o 21% a seconda che il contratto sia a canone concordato o libero). Quindi i canoni percepiti finiscono normalmente alla voce complessiva “redditi” e sono assoggettati alla tassazione Irpef.  «Un vero peccato, anche perché si stima che nel residenziale l’applicazione della cedolare abbia ridotto l’evasione tributaria del 42% nel periodo di applicazione 2011-2017 – commenta Gian Battista Baccarini, presidente Fiaip – quindi ha finito per comportare un aumento di gettito».

Pur senza considerare le tasse sulla compravendita che vanno a incidere sui tempi di ritorno dell’investimento, Confedilizia stima che l’insieme di sette tributi (Irpef e relative addizionali comunale e regionale Imu, Tasi, Registro, Bollo) porti ad erodere in media oltre il 60% degli introiti, senza considerare le spese di mantenimento dell’immobile. In sede di dichiarazione dei redditi si deve indicare il maggiore tra il canone contrattuale abbattuto del 5% e la rendita catastale rivalutata del 5% (praticamente si usa sempre il primo dato). Il canone annuo registrato sul contratto d’affitto va indicato come reddito da fabbricato e concorre a formare il reddito da tassare anche se il denaro non è stato davvero incassato. Con due eccezioni: la prima avviene se il proprietario dimostra che nel frattempo è avvenuta la regolare risoluzione del contratto; la seconda in presenza di un provvedimento di convalida di sfratto per inadempimento, con contestuale accertamento della risoluzione del contratto.

Un altro aspetto che tende a ingessare il segmento immobiliare retail riguarda il contratto di locazione. Una novità introdotta con il decreto legge n. 133 del 12 settembre 2014 (cosiddetto Decreto “Sblocca Italia”) prevede la possibilità di utilizzare un contratto dalla durata libera solo per le grandi locazioni, cioè con canone superiore a 250mila euro l’anno. È evidente che questa possibilità non riguarda il piccolo investitore privato. Per il resto, l’unica formula ammessa è quella del 6+6 (sei anni più altri sei anni di rinnovo automatici, con primo periodo aumentato a 9 anni in caso di attività alberghiera) come da legge generale sugli affitti 392/1978. Una durata lunga, che il secolo scorso il legislatore aveva pensato soprattutto come tutela verso l’esercente, che quando l’attività è ben avviata e di successo rischia di essere estromesso dai locali da parte del proprietario, intenzionato a sostituirsi per proseguirne l’attività. «Oggi, però, il mercato è cambiato e questa rigidità sfavorisce entrambe le parti. Ma in particolar modo per il proprietario – commenta Baccarini – può tramutarsi in una vera condanna se deve affrontare anche la morosità, visti i tempi troppo lunghi con cui la giustizia permette di rientrare in possesso del proprio bene». La legge, in effetti, ammette deroghe qualora l’attività si caratterizzi come “stagionale” o “transitoria”, ma questa è naturalmente una fattispecie non certo attraente per l’investitore, che punta a un ritorno di cassa stabile.

Quanto al canone d’affitto, viene aggiornato ogni anno del 75% dell’inflazione rilevata dall’Istat. Il rinnovo automatico avviene ogni sei anni, salvo disdetta che può essere comunicata da una delle due parti almeno 12 mesi prima della scadenza. Infine, altro punto “scomodo” per il proprietario, la legge ammette la sublocazione o lo cessione a terzi da parte dell’affittuario, anche senza il consenso del locatore. È sufficiente che ne dia comunicazione tramite raccomandata almeno sei mesi prima. Il proprietario può opporsi soltanto per gravi motivi, ma nell’ipotesi di subconduttore inadempiente potrà esercitare le sue pretese nei confronti del locatario originario.

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