Gestione Affitti

Quattro passi per proteggere gli accordi

La garanzia di esser pagati con continuità, da inquilini affidabili, non potrà essere mai totale. Ma i proprietari, in questo senso, possono comunque prevenire le gravi morosità.

1. Scegliere l’inquilino

Prima regola: non fidarsi “sulla parola”, ma verificare le reali capacità economiche degli inquilini. Richiedere le ultime tre buste paga o la dichiarazione dei redditi, controllare eventuali protesti, cercare referenze (se ci sono) da un precedente locatore, capire le ragioni che spingono a cercar casa in affitto. Il canone annuo non dovrebbe superare il 30% del reddito del conduttore e del suo nucleo familiare. Lo screening reddituale può essere delegato a un agente immobiliare iscritto alla Camera di commercio.

2. Proteggere i canoni

Altro passo: predisporre un buon contratto, con patti chiari e tassativi circa il versamento di canone e spese accessorie, numero delle rate e relativa scadenza. Sul mercato sono poi disponibili diversi prodotti assicurativi e bancari, in partnership o meno con le reti di agenzie immobiliari e le associazioni della proprietà. Prodotti che contemplano premi a carico dello stesso proprietario o dell’inquilino, rimborsano un certo numero di canoni (ma anche le spese condominiali) e a volte evitano il deposito cauzionale.

3. Gestire le morosità

Nelle clausole dei contratti abitativi liberi è di solito ricalcato l’articolo 5 della legge 392/78, secondo cui il contratto è automaticamente risolto quando l’inquilino ritarda di oltre 20 giorni il pagamento del canone o non versa entro il termine previsto gli oneri accessori («quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone»). Non bisogna essere troppo rigidi ma, se ritardi e inadempimenti cominciano a farsi sostanziosi, è consigliabile far partire subito la procedura di sfratto per morosità: più si indugia, più diventa difficile recuperare tutte le somme, incluse quelle non coperte dalle eventuali polizze (che, prima di concedere i rimborsi, chiedono comunque al proprietario di svolgere le azioni di recupero del credito).

4. Liberare l’immobile

In caso di morosità dell’inquilino, dopo gli inutili solleciti inviati, il proprietario può ottenere il rilascio dell’abitazione. Notifica un atto giudiziario al conduttore, gli intima lo sfratto e lo cita a comparire davanti a un giudice. A quel punto, il conduttore ha due strade. Se si presenta in udienza (dopo circa due mesi), non contesta la morosità e paga gli arretrati (per il saldo può anche chiedere al giudice un “termine di grazia” sino a 90 giorni), il problema è risolto. Se invece non si presenta, o non contesta né si oppone alla richiesta di sfratto, verificata la regolarità degli atti arriva la convalida del giudice: il contratto è sciolto e viene fissata la data di rilascio dell’immobile (in genere a uno o due mesi dall’udienza). Il provvedimento consente di eseguire il rilascio forzoso tramite l’ufficiale giudiziario. Ma nella realtà nessuno lascia l’immobile finché non viene ammessa (dopo un periodo variabile) la forza pubblica.

Che il problema esista e sia forte lo dicono gli ultimi dati diffusi dal ministero dell’Interno (aggiornati a tutto il 2016): 61.718 sentenze di sfratto, di cui 54.829 per «morosità e altra causa». Le richieste di esecuzione sono state invece 158.720, ma solo 35.336 si sono davvero tradotte in uno sfratto (con intervento della forza pubblica).

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