Gestione Affitti

Nullo il «patto» che alza l’affitto

di Enrico Morello ed Edoardo Valentino

Le Sezioni Unite, con la sentenza 23601 depositata ieri , stabiliscono la nullità dei patti aggiunti a seguito della registrazione di un contratto di locazione di immobile a uso non abitativo, aggiungendo che tale invalidità riguarda s olo il patto aggiunto ma non compromette l’originario accordo.

La vicenda in oggetto principiava quando un locatore intimava lo sfratto per morosità ad una società che occupava dei locali commerciali di sua proprietà giusto contratto di locazione ad uso non abitativo.

In particolare, secondo il locatore, la società non aveva corrisposto i canoni concordati. Nel caso in questione, infatti, a seguito della registrazione del primo contratto di locazione era seguita la stipula (e in seguito registrazione) di un successivo accordo che prevedeva canoni di importo maggiore (con ipotizzabili fini di elusione fiscale).

Si difendeva la società conduttrice, riportando di avere regolarmente saldato i canoni previsti dal primo accordo, a suo dire unico valido ed efficace.

Il Tribunale accoglieva le domande della conduttrice.

Diverso esito aveva, invece, il grado di appello, dato che la Corte affermava la natura di contratto simulato del primo contratto e confermava la validata del successivo accordo (visto come contratto dissimulato), decretando la soccombenza della società.

La conduttrice, quindi, agiva in Cassazione per ottenere la dichiarazione di nullità degli accordi intercorsi successivamente alla registrazione del contratto di locazione.

Vista la particolare importanza della questione, il Presidente di Sezione emetteva ordinanza chiedendo che le Sezioni Unite fossero investite dell'onere di pronunciare la decisione.

La Corte di cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza 23601/2017, accoglieva il ricorso della conduttrice.

In particolare, secondo la Suprema Corte, la sentenza, sempre delle Sezioni Unite, 18213/2015 aveva già esaminato la fattispecie della registrazione di negozi integrativi a esistenti contratti di locazione che comportavano un aumento del canone, decretandone la nullità.

Il principio, quindi, era quello in ragione del quale il negozio successivo alla stipulazione del contratto di locazione ad uso abitativo era nullo ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della legge 431/98. La nullità, però, riguardava comunque solo il patto aggiunto, mentre il negozio originario resta valido ed efficace.

Con questa sentenza le Sezioni Unite hanno voluto estendere il principio ai contratti di locazione ad uso non abitativo, riconducendo a unità la disciplina delle nullità dei patti aggiunti in materia di locazione.

All'esito della decisione, infatti, la Suprema Corte cassava la sentenza di appello e rinviava per nuovo giudizio indicando come principio decisorio il seguente: «è nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che solo il patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo a prescindere dall'avvenuta registrazione».

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