Gestione Affitti

Affitti con Iva, il registro non va disapplicato

di Luca Benigni e Gianni Rota

Anche se sono già assoggettati a Iva, i canoni di locazione dei cespiti strumentali percepiti dalle immobiliari pagano anche il registro proporzionale, senza che ciò crei conflitti con la normativa comunitaria. Queste le conclusioni emerse dalla sentenza 2387/15/2017 della Ctr Lombardia (presidente e relatore Giordano).

La vicenda

Una società immobiliare loca alcuni immobili strumentali di sua proprietà con Iva e non paga nel 2011 l’1% di imposta registro sui canoni percepiti, tributo – quest’ultimo – recuperato dalle Entrate.

La società ricorre sostenendo che i canoni di locazione sono già base imponibile Iva. Di conseguenza – è il ragionamento – l’ulteriore imposta di registro contrasterebbe con la direttiva comunitaria n. 112 del 28 novembre 2006 che vieta l’indebita duplicazione di imposte conteggiate sullo stesso volume d’affari.

L’amministrazione resiste affermando che non vi sarebbe alcun contrasto con la direttiva. Secondo il Fisco, in altre occasioni (come già avvenuto nella sentenza del 16 dicembre 1992, procedimento C-208/91) la Corte di giustizia Ue ha affermato la piena legittimità dell’imposta di registro riferita a beni immobili sui quali era già precedentemente assolta l’Iva.

La motivazione

La tesi viene affrontata dalla Ctr che in riforma della sentenza di primo grado favorevole al contribuente conferma la pretesa tributaria.

In positivo, in deroga al principio di alternatività tra Iva e imposta di registro, i canoni di locazione di immobili strumentali incassati dalle immobiliari, diversamente da quelle di altre tipologie di immobili, scontano l’imposta di registro proporzionale dell’1% indipendentemente dal regime di imponibilità o esenzione Iva.

In negativo, la norma nazionale non contrasta con quella comunitaria n. 112/2006 perché quest’ultima:

non prevede alcun espresso divieto di sovrapposizione di imposte commisurate sullo stesso volume d’affari ma piuttosto, per evitare effetti distorsivi, riconosce una franchigia ai soggetti passivi che conseguono un volume d’affari compreso entro un importo predeterminato;

prevede la proporzionalità dell’Iva rispetto alla base imponibile, la quale in linea di massima corrisponde al prezzo pagato per la prestazione del servizio o della cessione del bene, senza che esistano preclusioni della sua determinazione sugli incassi del soggetto passivo quale corrispettivo netto, anziché su quanto gli versa il conduttore;

non pone alla normativa nazionale limiti per la compensazione dei debiti tributari con i crediti Iva entro un importo massimo predeterminato in ciascun periodo d’imposta e consente sempre in tempi ragionevoli il ricupero del credito Iva.

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