Gestione Affitti

Tassa piatta, l’acconto sulla casa rimasta sfitta si può compensare

di Luciano De Vico

Un regime di tassazione opzionale che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionale e comunale e imposte indirette di registro e di bollo relative al contratto di locazione: questa è la cedolare secca sugli affitti, disciplinata dall’articolo 3 del Dlgs 14 marzo 2011, n. 23. L’opzione è consentita al locatore solo per gli immobili a uso abitativo e per le relative pertinenze, locati per finalità abitative, e comporta la comunicazione preventiva al conduttore, tramite lettera raccomandata, della conseguente rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo per tutta la durata dell’opzione.

La base imponibile è rappresentata dal 100% del canone di locazione pattuito, mentre l’aliquota varia in base alla tipologia del contratto sottoscritto tra le parti. Per i contratti a canone libero si applica l’aliquota del 21 per cento, mentre per quelli a canone concordato la tassazione scende al 10 per cento. Dal 2014, infatti, è stata prevista fino a tutto il 2017 (dal 2018, salvo proroghe, l’aliquota salirà al 15%), un’agevolazione che premia solo i contribuenti che stipulano contratti di locazione a canone concordato. Più precisamente la norma fa riferimento ai contratti che, oltre a essere riferiti a unità immobiliari ubicate nei Comuni con carenze di disponibilità abitative e negli altri Comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), sono stipulati a canone concordato sulla base di appositi accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini, come disciplinati dagli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 431/1998.

L’aliquota agevolata si applica anche ai contratti a canone concordato stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge 80, di conversione del Dl 47/2014).

I contratti transitori

Nella circolare “Telefisco”, la 8/E/2017, l’Agenzia ha precisato che l’aliquota ridotta si applica anche ai contratti transitori, ex articolo 5, comma 1, della legge 431/1998. Si tratta, in particolare, dei contratti della durata da uno a 18 mesi, a condizione che si tratti di contratti a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate in Comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa. Oltre ai contratti di locazione stipulati per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari, disciplinati dal secondo comma dell’articolo 5 della legge 431/1998, pertanto, scontano l’agevolazione anche quelli transitori, cioè di durata inferiore rispetto alle ordinarie tipologie contrattuali (a canone concordato di durata tre anni più due, o a canone libero di durata quattro anni più quattro).

Diverse tipologie

Nel caso prospettato dal lettore, l’appartamento nel 2016 risulta locato con due diverse tipologie contrttuali, per tre mesi a canone libero e per quattro mesi a canone concordato. La cedolare secca, quindi, sarà calcolata nella misura del 21% per il primo periodo e del 10% per il secondo periodo. Più precisamente, sul canone di 1.200 euro (400 x 3 mesi) sarà calcolata un’imposta di 252 euro, mentre sul canone di 1.320 euro (330 x 4 mesi) la cedolare ammonterà a 132 euro, per un totale di 384 euro per tutto il 2016.

Il problema nasce dal fatto che l’acconto della cedolare secca è stato versato per il 2016 nella misura del 95% dell’imposta dovuta per il 2015, quando l’immobile era locato per l’intero anno e tassato con l’aliquota del 21 per cento. Poiché il lettore ha deciso di presentare il modello 730, l’intermediario, Caf o professionista abilitato, che liquiderà le imposte determinerà esattamente il credito spettante sulla base delle indicazioni fornite nel modello dichiarativo, compensandolo con altre imposte eventualmente dovute, compreso l’acconto della cedolare secca per il 2017, o indicandolo nel prospetto specifico, cosicché il sostituto d’imposta, destinatario del risultato contabile del 730, potrà rimborsarlo con lo stipendio di luglio. I contribuenti che si avvalgono del modello Redditi, invece, dovranno calcolare autonomamente l’eventuale credito spettante, che potranno compensare mediante F24.

Nella circolare citata, peraltro, le Entrate hanno altresì confermato che il termine per il versamento del saldo e del primo acconto della cedolare secca è stato posticipato al 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, al pari del versamento delle altre imposte. Il dubbio era sorto poiché un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 2011 aveva fissato al 16 giugno il termine per il versamento del primo acconto della cedolare secca.

La registrazione

Qualunque modello dichiarativo si scelga, infine, è opportuno segnalare che i contribuenti che optano per la cedolare secca sono tenuti a indicare nella sezione II del quadro dedicato al reddito dei fabbricati gli estremi di registrazione del contratto di locazione.

Per coloro che si sono avvalsi della registrazione telematica (tramite Siria, Iris, Locazioni web o Contrattionline) basta riportare nella colonna 7 il codice identificativo contenuto nella ricevuta telematica. Chi invece ha registrato il contratto alle Entrate deve indicare la data, la serie, il numero e il sottonumero del contratto, nonché il codice dell’ufficio che ha eseguito la registrazione. Considerato che le istruzioni ministeriali non sono state di fatto modificate rispetto alle passate edizioni del 730 o del modello Unico (ora “sostituito” da Redditi), infatti, si ritiene che l’abrogazione (a opera del Dl 244/2016) dell’obbligo di indicare nella dichiarazione gli estremi di registrazione del contratto di locazione sarà operativa il prossimo anno, stante anche il tenore letterale della norma che stabilisce l’entrata in vigore a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

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