L'esperto rispondeGestione Affitti

D'obbligo la consegna del contratto all'inquilino

Matteo Rezzonico

La domanda

A febbraio 2016, dopo la separazione da mia moglie, ho trovato una stanza in affitto, all'interno di un'abitazione dove vive anche la proprietaria. Abbiamo fatto un contratto di sei mesi, stilato da un commercialista di sua fiducia. Non dispongo di una copia di questo contratto, perché esso è in giacenza nello studio del commercialista: mi è stato, però, detto che posso andare a ritirarlo e pagare i costi di mia competenza. Devo pagare per avere una copia, visto che, oltretutto, è stata della padrona di casa l'idea di rivolgersi al commercialista? Nei giorni scorsi, poi, mi è anche arrivata una raccomandata, senza data e senza firma, in cui mi si chiede di lasciare la stanza allo scadere dei sei mesi. La convivenza era del tutto normale, senza problemi né tensioni, anche perche praticamente io utilizzo la stanza solo per andarci a dormire. Dovrò rinunciare a questa soluzione?

Il caso descritto dal lettore richiederebbe una vera e propria consulenza e l’accertamento dell’effettiva “tipologia” del contratto di locazione stipulato tra le parti. In ogni caso, prima di tutto, il locatore deve consegnare al conduttore una copia del contratto sottoscritto. Secondariamente - salvo diverso accordo tra le parti - le spese per il commercialista che ha redatto il contratto di locazione non possono essere accollate all’inquilino, ove l’iniziativa di rivolgersi al professionista sia stata assunta unilateralmente dal proprietario.In ordine alla durata del contratto - salvo esame della fattispecie in concreto - se non si tratta di un contratto di locazione effettivamente “transitorio”, ex articolo 5, comma 1, della legge 431/1998, la durata di soli sei mesi può essere illegittima. Infatti, l’articolo 2, comma 1, del decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 30 dicembre 2002, dispone che «i contratti di locazione di natura transitoria di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, hanno durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi. Tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttori per fattispecie - con particolare riferimento a quelli derivanti da mobilità lavorativa – da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative». L’articolo 2, commi 4 e 5, del Dm citato dispone, a sua volta, che «i contratti di cui al presente articolo devono prevedere una specifica clausola che individui l’esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore – da provare quest’ultima con apposita documentazione da allegare al contratto – i quali dovranno confermare il permanere della stessa tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine stabilito nel contratto. I contratti di cui al presente articolo sono ricondotti alla durata prevista dell’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, (quattro anni + quattro, nde), in caso di inadempimento delle modalità di conferma delle esigenze transitorie stabilite nei tipi di contratto di cui al comma 6, ovvero nel caso in cui le esigenze di transitorietà vengano meno».In tale contesto – ove non sussistano esigenze transitorie e salvo esame dell’accordo locale (se esistente) – tralasciando la questione della mancata sottoscrizione, è possibile contestare la legittimità della disdetta ed eccepire la nullità del patto che prevede una durata di soli sei mesi. Si tenga presente che per l’articolo 13, comma 3, della legge 431/1998 «è nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge».

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