Gestione Affitti

L’inquilino non se ne va? Il «lucro cessante» del proprietario si calcola così

di Giampaolo Piagnerelli


Per una corretta determinazione del danno da lucro cessante, in funzione di un ritardato rilascio dell'immobile oggetto di un contratto di locazione, il calcolo non può essere effettuato alla sola stregua del valore locativo potenziale. Occorre, infatti, adeguare l'importo secondo un criterio equitativo che solo i giudici di merito in base ad apposite consulenze tecniche e indagini possono determinare. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 6545/2016.
I fatti - Supremi giudici si sono trovati alle prese con una vicenda decisamente complessa in cui una società immobiliare aveva adito in giudizio la società locataria che aveva abbandonato i locali con ritardo. A seguito di diverse pronunce di merito e di legittimità (la questione è finita per la terza volta in sede di legittimità) la società locatrice non ha accettato il conteggio ultimo effettuato dalla Corte di appello di Torino e consistente in circa 340mila euro a fronte di un precedente conteggio effettuato sempre dai medesimi giudici di merito ma che ammontava alla più sostanziosa somma di 456mila euro. La cifra più bassa era stata considerata secondo un criterio equitativo che doveva tenere conto necessariamente di alcuni elementi relativamente alla determinazione dell'utile di gestione, alla considerazione delle spese indotte dalla mancata disponibilità agli oneri fiscali. Si legge nella sentenza, “muovendosi da tale corretta prospettiva e considerato altresì, che la valutazione equitativa non avrebbe mai potuto essere inferiore al 20% del valore locativo potenziale la Corte di appello ha motivato in termini che si sottraggono certamente alle uniche possibili censure tuttora deducibili sotto il profilo in esame (e segnatamente la mancanza totale, la mera apparenza, l'irriducibile contraddittorietà, l'assoluta incomprensibilità)”. I Supremi giudici, peraltro, hanno ribadito come la percentuale di abbattimento pari al 25% operata dai giudici di merito fosse congrua ma che non fosse stata poi contestata con elementi oggettivi dalla società locatrice che aveva affermato semplicemente come la somma non fosse stata conforme alle proprie aspettative. Sul punto, la decisione ha voluto rimarcare come già le Sezioni unite avessero chiarito che l'articolo 360 del cpc, comma 1, n. 5, nel testo rinnovato, avesse introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo.
L'intervento della Cassazione - Quindi il ricorrente che intenda chiedere in sede di legittimità una rivisitazione nel merito della decisione, deve indicare il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato - testuale o extratestuale - da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività. Respinta, infine, anche la richiesta del danno da lucro emergente in quanto non erano stati ravvisati elementi in grado di poter quantificare una somma equa.

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