Gestione Affitti

Lo sfratto per ristrutturazione resta valido se i lavori non vengono fatti per colpa dell’inquilino

di Francesco Machina Grifeo

Nessuna sanzione per il locatore che, dopo aver ottenuto dal comune il permesso di eseguire lavori di ristrutturazione nell'appartamento affittato, chieda al conduttore di lasciarlo (alla scadenza del primo quadriennio), se poi scaduto il permesso annuale a causa della opposizione dell'inquilino decida di affittarlo a terzi, desistendo dal proposito di rinnovarlo. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 21 gennaio 2016 n. 1050, respingendo il ricorso dell'affittuaria la quale aveva lamentato il fatto che a poco più di un mese di distanza dal rilascio, l'immobile era stato occupato da altre persone. E che il proprietario dopo aver ricevuto il diniego della proroga dal municipio aveva desistito dal coltivare la pratica.
In primo grado, invece, il tribunale di Savona aveva stabilito che non costituiva una esimente della responsabilità del locatore (prevista dall'articolo 3 della legge n. 431/1998) il fatto che la Pa non avesse concesso la proroga del permesso di costruire già scaduto poiché il proprietario avrebbe potuto richiedere entro l'anno dal rilascio un «nuovo permesso di costruire, benché con procedura più onerosa». E lo condannò al pagamento di 18.592 euro, pari a 36 mensilità.
La decisione venne poi riformata dalla Corte d'Appello di Genova secondo cui, al contrario, la mancata realizzazione dell'intervento edilizio nei termini «fosse derivata esclusivamente dalla condotta della conduttrice». E che nessun rilievo aveva la mancata richiesta di un nuovo provvedimento autorizzativo, poiché l'intervento edilizio «era divenuto ormai eccessivamente oneroso e quindi antieconomico». E che comunque la sanzione derivante dalla mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato in funzione del rilascio, «non è connessa ad un criterio di responsabilità oggettiva, ma si verifica nel caso in cui il locatore non dimostri l'esistenza di ragioni meritevoli di tutela che hanno impedito detto utilizzo». Mentre nel caso affrontato «non era nemmeno ipotizzabile un addebito di colpa nei confronti del locatore per non aver richiesto la proroga del termine di inizio dei lavori anteriormente alla scadenza del termine stesso, attesa la pendenza, in tale periodo, della controversia sul rilascio, della quale non era prevedibile la durata».
Una ricostruzione pienamente condivisa dai giudici di Piazza Cavour che nel rigettare i motivi di ricorso dell'ex inquilino ribadiscono che le sanzioni previste a carico del locatore «non sono applicabili qualora la tardiva o la mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato ai fini del rilascio siano in concreto giustificate da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso». E, nella specie, il locatore «non aveva potuto eseguire i lavori di ristrutturazione - per i quali aveva legittimamente esercitato la facoltà del diniego del rinnovo - entro il termine previsto nel relativo permesso di costruire a causa della conduttrice, la quale si era opposta al rilascio infondatamente, come poi emerso nel giudizio conclusosi solo dopo che il termine previsto nel permesso di costruire per l'inizio dei lavori era già scaduto».

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