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Patrimonio culturale: urge un piano nazionale che attragga gli investimenti

di Giacomo di Thiene (Presidente Associazione Dimore Storiche Italiane)

Gli eventi drammatici dei giorni scorsi a Venezia, e non solo, ci hanno costretto a prendere coscienza ancora una volta della vulnerabilità della risorsa più distintiva, e non delocalizzabile, del nostro Paese: il patrimonio culturale. Una risorsa che ha importanti ricadute sociali ed economiche, per le grandi città, ma soprattutto per i piccoli centri. Pensiamo infatti a cosa sarebbero tante cittadine italiane (Cividale, Marostica, Pienza, …) senza i loro beni culturali; a quante attività artigianali cesserebbero di esistere se non ci fossero dei beni storici da mantenere.

ùÈ quindi ormai urgente, come lo stesso Ministro Franceschini ha più volte sottolineato, che venga varato un progetto nazionale di ampio respiro, che coinvolga tutti gli attori che possono offrire un contributo, per la protezione e per la valorizzazione dei nostri beni culturali, sia pubblici che privati.

L'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del MIBACT, che sta realizzando il censimento di tutti i beni culturali e con cui ADSI ha recentemente sottoscritto un accordo di collaborazione, calcola infatti che il patrimonio immobiliare storico italiano soggetto a vincolo sia costituito da circa 200.000 beni, di cui quelli privati rappresentano circa il 17%. Se si vanno poi a vedere realtà particolari, come per esempio le Ville Venete, situate nelle regioni di Veneto e Friuli Venezia Giulia - il cui numero è maggiore di quelle dell'intera Francia – si scopre che l'86% è di proprietà privata (fonte Istituto Regionale Ville Venete).
È quindi evidente che qualsiasi azione di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale debba considerare anche iniziative che stimolino i privati ad investire nella sua salvaguardia. In realtà sarebbe opportuno che ogni intervento legislativo in Italia tenesse conto del possibile impatto, positivo o negativo, sui nostri beni culturali.

Pensiamo ad esempio alla Legge di Bilancio, che prevede il Bonus Facciate per tutti gli interventi che verranno pagati entro il 2020. Questo limite temporale renderà pressoché inefficace la norma rispetto ai beni culturali: infatti un proprietario - e ancor peggio quando i proprietari fossero più di uno - che decidesse oggi di restaurare la facciata di un immobile storico, tra la ricerca del professionista, l'elaborazione del progetto, l'approvazione della Soprintendenza e quella del Comune, si ritroverebbe, nella migliore delle ipotesi, ad iniziare i lavori ad ottobre 2020, con l'impossibilità di concluderli entro l'anno. L'Associazione Dimore Storiche Italiane ha chiesto che venisse inserito un emendamento in base al quale, nel caso di edifici sottoposti a tutela, sia sufficiente ottenere le autorizzazioni entro il 2020.

Per quanto riguarda invece la tassazione dei beni immobiliari, gli amministratori locali sono spesso favorevoli alla riduzione dell'IMU sugli immobili di valore storico, perché riconoscono le ricadute economiche positive che essi portano al territorio. Sarebbe tuttavia importante che vi fosse un nuovo indirizzo normativo, definito a livello nazionale, che ponesse limiti massimi alla tassazione di questi beni, perché entrate che risultano risibili per lo Stato e per i Comuni sono invece estremamente gravose per i singoli proprietari, e vanno a discapito proprio degli investimenti per la manutenzione e la valorizzazione dei beni stessi (come dimostrato dagli studi fatti su questo tema dalla Fondazione Visentini).

L'attuale Legge di Bilancio prevede, inoltre, la riduzione degli sgravi fiscali previsti per il restauro degli immobili vincolati. È necessario trovare, idealmente nell'Art Bonus, una misura alternativa, che porti benefici anche nei territori, che sia di stimolo e supporto a coloro che vogliano investire nel restauro degli immobili storici, siano essi pubblici o privati.

Una promozione adeguata di questo strumento potrebbe conseguire l'ulteriore risultato di accrescere la conoscenza del nostro patrimonio culturale, anche quello dei piccoli centri, ed attirare i grandi mecenati e capitali italiani ed esteri.

L'auspicio di ADSI è che questa legge di bilancio possa diventare l'occasione per cominciare a ragionare concretamente sulle politiche di conservazione e valorizzazione dei nostri beni culturali, riconoscendo il pieno potenziale di una risorsa anche sociale ed economica che, a livello europeo, solo nel 2018, ha mosso 52 milioni di visitatori, generando un fatturato di 335 miliardi di euro e creando 9 milioni di posti di lavoro.