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Nell’appropriazione indebita non c’è il «ragionevole dubbio»

Giulio Benedetti

Storicamente il reato di appropriazione indebita è stato a lungo confuso con quello di furto di cui costituiva una sottospecie e soltanto con la rivoluzione francese, con la legge del 29 settembre 1791, il predetto reato è stato disgiunto dal furto con una diversa descrizione del fatto e della pena , distinzione poi trasfusa nel codice Napoleonico del 1810 e poi successivamente delineatasi nel diritto penale contemporaneo.
La distinzione tra i due reati consiste sostanzialmente nella constatazione che nel furto manca il possesso della cosa , in quanto la predetta fattispecie disciplina e punisce l'illegittimo impossessamento. La dottrina penale è divisa sui caratteri essenziali del reato di appropriazione indebita in quanto da un canto si afferma che il reato consiste in una violazione della fiducia, che è implicita nel rapporto da cui trae origine il possesso , mentre altrimenti si afferma che il predetto reato consiste in una violazione del diritto di proprietà . Oggetto del reato sono il denaro e le cose mobili altrui tra cui rientrano anche i documenti consegnati dal proprietario . In ogni caso il necessario presupposto del reato è il possesso della cosa mobile , ma in ogni caso deve trattarsi di un possesso non congenito alla proprietà, poiché il fondamento del reato è la condotta del possessore che danneggia il proprietario.
Fondamento del predetto possesso può essere il contratto di mandato disciplinato dall'art. 1703 del codice civile per il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra. Invero il possesso del mandatario non è a titolo originario poiché , ai sensi dell'art. 1706 del codice civile, il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede. In ogni caso il diritto civile non riconosce al mandatario un diritto di ritenzione sui beni affidatigli dal mandante quale garanzia dei propri crediti . Tuttavia l'articolo 1720 del codice civile stabilisce che il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni e il successivo articolo 1721 sancisce il diritto del mandatario di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha concluso con precedenza sul mandante e sui creditori di questo.
La dottrina tradizionale afferma che il reato di appropriazione indebita si realizza quando il titolo illecito implica il trasferimento del solo possesso ed il possessore non adempie all'obbligo di restituire la cosa mobile altrui, opponendo un rifiuto immotivato o tenendola semplicemente come propria . Vale a dire che il reato di appropriazione indebita si realizza allorquando il possessore tenga sulla cosa una condotta del tutto contraria al diritto di proprietà e pertanto l'elemento soggettivo doloso del reato consiste nella volizione e previsione della predetta condotta assolutamente incompatibile con le ragioni della proprietà.
Il predetto reato può concorrere con il reato di truffa ( art. 640 c.p.) che si realizza mediante la condotta , compiuta al fine di trarne un ingiusto profitto, e consistente , mediante la commissione di artifici e di raggiri, nel trarre qualcuno in errore con altrui danno.
Infine la condotta di colui che compie il reato di appropriazione indebita può anche realizzare il ben più grave reato di riciclaggio ( art. 648 – bis c.p.) il quale si realizza allorquando vengano compiute operazioni che sostituiscano o trasferiscano il denaro o le cose mobili provento del primo reato o che realizzino nei loro confronti operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa. In tale caso la sanzione prevista è la reclusione da quattro a dodici anni e la multa da euro 1032 a 15.493, anche se la pena è diminuita se il denaro , i beni e le altre utilità provengono da un delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni ( come nel caso previsto dall'art. 646 c.p.) . Il reato è procedibile d'ufficio anche se per il reato di cui all'art. 646 c.p. non è stata presentata la querela ai sensi dell'art. 120 c.p..
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7438/2018 della II sezione penale ha respinto il ricorso di un amministratore condominiale avverso una sentenza di condanna che lo aveva riconosciuto responsabile del reato di appropriazione indebita nei confronti di un condominio. In particolare l'amministratore lamentava la sussistenza di un ragionevole dubbio in ordine alla condotta appropriativa posto che per una parte della somma contestata aveva dato spiegazione adeguata e che per la restante l'accusa non aveva dimostrato la realizzazione della condotta illecita. La Corte di Cassazione afferma che la Corte di Appello non aveva riformato la sentenza del tribunale circa la responsabilità del condannato , ma a fronte delle giustificazioni del condannato, ha ridotto l'importo della somma contestata e riteneva comunque dimostrata la sua condotta illecita. La regola del ragionevole dubbio , di cui all'art. 533 c.p.p., non esclude che si debba pronunciare la condanna quando il dato probatorio acquisito lascia soltanto eventualità remote la cui realizzazione , non trovando riscontro nel processo, si pone al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana. Del resto la Corte di Cassazione richiama la sentenza n. 41462/2012 che , con riferimento ad una fattispecie analoga , afferma che integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell'amministratore del condominio che , avendo ricevuto dai condomini gli importi relativi al pagamento dei contributi previdenziali relativi al portiere dello stabile, ometta di versarle all'istituto previdenziale.